Animali Pericolosi in Mediterraneo ^_^ Avvelenamento da pesci

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
lorette
00sabato 21 gennaio 2006 13:41
Animali Pericolosi in Mediterraneo

Avvelenamento da pesci


Tetraodontidei e Perciformi

Gli animali marini consumati a scopo alimentare possono esercitare in certi casi un’azione tossica indipendente dalla loro freschezza o dalla presenza di batteri patogeni.

Di fronte a questo ragguardevole numero di pesci e molluschi che possono divenire tossici in particolari condizioni stagionali e ambientali, il quantitativo di quelli le cui carni o le cui interiora debbano essere sempre considerate tossiche o sospette, è nettamente inferiore e limitato a pochissime famiglie.

Le più malfamate in questo campo sono quelle appartenenti all’ordine dei Tetraodontidei, che nel Mediterraneo sono solamente sette:

· pesce Balestra

· pesce Luna

· pesce Luna troncato

· pesce Palla

· pesce Riccio

· Capolepre

· Pesce Istrice

e all’ordine dei Perciformi a cui appartengono altri quattro tipi:

· Mangiameduse

· Pesce Burro

· Tetragonuro

· Pesce Palla

Sono tutte poco comuni per non dire rare, e, ad eccezione del pesce luna che capita un po’ dappertutto, sono in genere limitate ai mari meridionali italiani.

Il pesce palla ed il pesce istrice (che non erano presenti nel Mediterraneo fino all’apertura del canale di Suez dal quale sono entrati insieme ad altre 150 specie marine tropicali) fanno rispettivamente parte delle famiglie dei Tetraodontidi e dei Diodontidi le quali contano più di 50 specie tossiche, ma la maggior parte vive nelle acque del Giappone che cucinate prendono il nome di Fugu. Si contano più di 150 casi di avvelenamento all’anno di cui il 60% mortali.

La vittima, completamente paralizzata, con pupille fisse e dilatate, può rimanere totalmente cosciente. È opportuno evitare di consumare il pesce Palla e tutti gli altri portatori di Tetrodotossina (i Tetrodontidi: pesci Palla, Scatola, Istrice; il Sunfish oceanico, le Salamandre, il Blue-Ringed octopus). La tossina è concentrata nella pelle e nelle viscere del pesce.

Il veleno si chiama Tetrodotossina ed è tra le più potenti tossine di natura non proteica (non si neutralizza con la cottura).

Il blocco della conduzione degli impulsi nervosi da parte di questo veleno (tetrodotossina) è responsabile dell’insorgenza dei sintomi che cominciano a comparire entro 5-30 minuti dall’ingestione e si manifestano come debolezza generale, vertigini, nausea, pallore, parestesia, formicolio alle labbra, alla lingua, alla gola. Il formicolio si estende alla punta delle dita delle mani e dei piedi.

Purtroppo, nonostante il senso di nausea, la tossina non causa sempre il vomito. Seguono intensa sudorazione, disturbi respiratori, abbassamento della pressione sanguigna. Nei casi più severi si hanno dolori muscolari, dolori al torace, cianosi. Segue la paralisi preceduta occasionalmente da convulsioni. La morte avviene per paralisi respiratoria entro 6-24 ore. Non si conoscono antidoti per l’avvelenamento. In genere si ricorre alla respirazione artificiale o al massaggio cardiaco ma senza risultato.

Gobidae

Anche i pesci della famiglia Gobidae posseggono la Tetrodotossina, ma quelli presenti nel Mediterraneo, come ad esempio i ghiozzi o i ghiozzetti, sono innocui. Vengono pure scartate e rigettate in mare le piccole specie abissali dei generi Centrophorus, Etmopterus, Scymnorhinus, Somniosus ed Echinorhinus, alcune della famiglia Squalidae così come è considerata con sospetto anche la carne del pesce martello.

La carne degli squali è però in generale poco appetita, anche nelle specie commestibili e questo perché appena si inizia la decomposizione si formano dei composti ammoniacali che la rendono di odore e consistenza poco gradevole.

In ogni caso le forme più gravi di avvelenamento sono sempre dovute all’ingestione dei fegati che debbono quindi essere sempre e completamente esclusi, dalle tavole della cucina e delle mense.

Gasteropodi Opistobranchi

Abbiamo detto che si intende per pesci attivamente tossici tutti quelli che producono tossine a scopo di difesa o di offesa.

Fra i pesci attivamente tossici comprendiamo quelli che producono tossine dalle ghiandole della pelle a scopo repellente e quelle specie che posseggono apparati veleniferi formati da ghiandole che secernono il veleno e da spine e da aculei che l’introducono nell’avversario.

Sono molti in natura, oltre i pesci, gli animali marini che producono secrezioni tossiche (ittiocrino-tossine).Fra essi i molluschi Opistobranchi e fra gli animali terrestri ricordiamo gli anfibi.

I Gasteropodi Opistobranchi si distinguono in Anaspidei e Nudibranchi per un piccolo particolare: hanno tutti il corpo completamente nudo ma i primi hanno conservato sotto il mantello un residuo di conchiglia che peraltro è del tutto inutile a scopo protettivo.

Agli Anaspidei appartiene il genere Aplysia assai comune nei mari delle regioni temperate. Alcune specie: Aplysia limacina (nella foto qui sopra) e Aplysia depilans, abbondano anche nel Mediterraneo. Sono lumaconi piuttosto grossi e robusti che vivono sul fondo tra le alghe costiere di cui si cibano in grande quantità per cui crescono assai rapidamente, ma possono anche spostarsi per brevi tratti a nuoto agitando il mantello. Sono noti col nome volgare di «lepre di mare».

Gli Opistobranchi Nudibranchi sono piccoli Gasteropodi completamente sprovvisti di guscio; sono vivacemente colorati e hanno il corpo coperto di muco. Vivono strisciando sul fondo marino, sulle alghe e sulle spugne. Tuttavia, pur muovendosi assai lentamente, pur essendo privi di alcun genere di protezione meccanica, essi non vengono mai attaccati da pesci, molluschi, Echinodermi e crostacei, tutti predatori carnivori che pullulano nelle stesse nicchie ecologiche. I Nudibranchi sono i soli animali che mangiano le spugne.

Alcune specie catturano anche piccoli celenterati. Ho voluto accennare anche a queste specie, ma ricordo che a livello di contatto epidermico non causano nulla. Essi devono difendersi dagli animali carnivori senza poter nemmeno tentare di contrattaccare; a tal fine producono biotossine o elaborano sostanze che, anche solo per i caratteri organolettici, scoraggiano e allontanano i predatori.

I Prosobranchi invece sono per lo più carnivori e vivono protetti in un guscio robusto nel quale si rinchiudono quando vengono attaccati. Essi producono tossine e posseggono dispositivi meccanici per iniettarle nella preda da catturare, ma non sono pericolosi per l’uomo.

Clupeidi

Altri avvelenamenti da ingestione sono la Ciguatera e l’avvelenamento da Clupeidi comunque non presenti nel Mediterraneo.

La Ciguatera è la forma di avvelenamento marino che rende più perplessi i responsabili della salute pubblica e riguarda una più grande varietà di pesci di qualunque altro. Si può riscontrare in più di 300 specie di pesci.

La ciguatera può colpire senza avvertire in quasi tutte le zone di un’area compresa tra i 35° di latitudine nord e 34° di latitudine sud. È più frequente nel Pacifico Meridionale e nei Caraibi e quasi sempre coinvolge pesci che vivono nei pressi delle barriere coralline, di solito in acque con profondità inferiore ai 60 metri.

Il nome del veleno prende origine da un gasteropode e non da quello di un pesce. Era noto che il gasteropode, chiamato cigua a Cuba, causava disturbi intestinali quando veniva ingerito e alla fine prestò il suo nome alla più diffusa e grave forma di avvelenamento. La ciguatossina è una sostanza oleosa chiara, di colore giallo lucente, che agisce a livello del sistema nervoso.

I sintomi della ciguatera si possono schematicamente raggruppare in quattro gruppi.

1) Gastrointestinali: vomito e diarrea ripetuti e prolungati; . I sintomi iniziano da 3 ore a più di un giorno dopo che la vittima ha ingerito il pesce ciguatossico. Normalmente i primi sintomi ad apparire sono dolori di stomaco seguiti quasi subito da disturbi sensoriali.

2) cardiovascolari: diminuzione della pressione sanguigna (ipotensione) e della frequenza cardiaca (bradicardia);

3) Disturbi a carico degli organi di senso;

4) Incoordinazione motoria generale, paralisi e convulsioni e poi la morte.

In ogni caso, entro poche ore dall’ingestione (in genere 1-6 ore con range variabile da pochi minuti a 30 ore) si riscontrano formicolio, dolore alla bocca, naso e gola, che si estendono alle dita delle mani e dei piedi, seguiti da nausea, vomito, disturbi della deglutizione (disfagia), dolori intestinali e diarrea. La vittima può avvertire anche indebolimento generale, brividi, prurito, febbre, bradicardia, ipotensione, insonnia, mal di testa e alla schiena, disturbi respiratori e dolori muscolari agli arti inferiori. L’esito letale, preceduto da convulsioni, è comunque raro, ma la guarigione richiede generalmente molti mesi: prurito protratto, debolezza e disturbi della sensibilità possono persistere a lungo o riapparire nei momenti di stress tanto da far pensare che la tossina principale sia di natura esogena (non prodotta dai pesci) e che la contaminazione avvenga a seguito del suo ingresso nella catena alimentare.

In base a considerazioni legate alla natura chimica della tossina, si ritiene che essa sia prodotta da organismi unicellulari come alcune specie di Cianoficee ed il Gambierdiscus toxicus, quest’ultimo un Dinoflagellato trovato nello stomaco di pesci che causavano ciguatera. Poiché essi rappresentano uno dei primi anelli della catena alimentare, diventa così possibile una contaminazione su larga scala di numerose specie di pesci, sia erbivori che carnivori.

La ciguatossina ha un elevato potere tossico (uguale a quello della tetrodotossina di cui parleremo dopo), è termo ed acido-stabile, insapore ed inodore. Gli effetti della Ciguatossina variano a seconda delle circostanze. Può sopraggiungere la morte, o la vittima può essere di nuovo in piedi dopo solo un giorno. Non esiste nessun sistema per distinguere il pesce con ciguatera da quello innocuo, se non con analisi di laboratorio o dandolo da mangiare ad animali per poi osservarne le reazioni. Il problema è complicato dal fatto che tra i pesci che contengono spesso la ciguatossina molti sono importanti pesci commestibili, tipo i Lutianidi e i Carangidi.

È una malattia che attacca i sistemi neurologico, gastrointestinale e cardiovascolare, causando una varietà di sintomi diversi. I sintomi possono comparire subito dopo l’ingestione, o dopo alcune ore, ma raramente dopo le 24 ore. I sintomi più comuni sono crampi addominali, nausea, vomito e diarrea. Sono anche comuni intorpidimenti del viso, delle mani, dei piedi e di altre zone alla bocca o a carico della lingua.

Un altro segno comune dell’intossicazione da ciguatera è l’inversione della sensibilità termica: il caldo viene sentito come freddo e viceversa. La durata dei sintomi varia, ma i sintomi più gravi generalmente si presentano fra il sesto e l’ottavo giorno.

Non c’è molta informazione sulla persistenza dei sintomi nel tempo, anche se è noto che possono durare a lungo e, in alcuni individui, si possono ripresentare ogni volta che viene mangiato pesce. Normalmente i ristoranti dei Carabi vagliano il pesce accuratamente, scartando quello che potrebbe essere contaminato dalla tossina della ciguatera. È comunque saggio stare attenti a quello che si mangia e non sottovalutare eventuali sintomi insorti dopo aver mangiato pesce. I sintomi della ciguatera sono frequentemente intensificati dall’alcool, dal fumo e dall’attività sessuale.

Una peculiarità della ciguatera è l’inversione della percezione di temperatura: una birra fredda scotta, una doccia calda fa venire i brividi di freddo. Inoltre bere acqua naturale dà la sensazione di bere acqua gassata o un senso di scossa elettrica in bocca. I sintomi possono insorgere da 2 a 12 ore dopo aver mangiato il pesce avvelenato e possono durare anche fino a due mesi e più. In alcuni individui i formicolii sono stati, a tratti, fino a 25 anni dopo l’intossicazione. Eventuali nuovi episodi di intossicazione sono in genere peggiori.

L’intossicazione, inoltre, si trasmette al lattante con il latte materno e può provocare disturbi e perdita di peso. La ciguatera è relativamente infrequente e raramente mortale. Si stima che i casi di ciguatera nel mondo siano circa 50.000 all’anno. In linea generale il pesce ed i frutti di mare sono considerati più sicuri del pollame, provocando una intossicazione alimentare ogni 250.000 portate contro un caso ogni 25.000 portate per le carni di pollo. Le cifre però cambiano quando il pesce è crudo o poco cotto: un caso ogni 1.000 portate.

La ciguatera non può essere prevenuta con analisi del pesce o sul paziente e non esiste un trattamento standard. Durante la convalescenza si dovranno evitare alcool, pesce, e frutti di mare, noci, nocciole e altri tipi di frutta secca, olio di arachidi e olii di semi in generale. La ciguatera è stata trovata in più di 500 specie di pesci.

Fino a pochi decenni fa si riteneva che l’intossicazione provocata dall’ingestione di pesci della famiglia Clupeidae - aringhe, acciughe, tarponi e loro simili - fosse di natura ciguatossica. Ma, contrariamente alla maggior parte dei pesci ciguatossici, i Clupeidi si nutrono di plancton, perciò i ricercatori hanno attualmente valutato che le aringhe e gli altri pesci affini possano provocare un tipo diverso di intossicazione, che è stato denominato avvelenamento da Clupeidi.

Come la ciguatera, l’avvelenamento da Clupeidi rimane piuttosto misterioso; l’ipotesi più probabile ritiene che provenga da un agente presente nella catena alimentare, probabilmente un’alga. I sintomi si manifestano con un sapore metallico dopo l’ingestione del cibo, secchezza della bocca, disturbi all’apparato digerente, spesso paralisi, coma, talvolta seguiti dalla morte. Nelle Fiji 5 persone morirono in seguito all’avvelenamento nel 1955, e nel 1962 ne morì una a Tarawa. La tossina responsabile della sintomatologia agisce così rapidamente che alcune delle vittime sono morte con il boccone del pesce che li aveva uccisi ancora in bocca. È una fortuna che, con un tasso di mortalità del 40%, questa forma di avvelenamento non sia troppo comune.

Nel Mediterraneo, a rappresentare l’ordine dei Clupeidi, abbiamo la sardina, l’alaccia, la papalina o spratto, la cheppia e l’alosa dei quali potrete consultarne le relative schede nella seconda parte di questo manuale.

Echinodermi ed Echinodei

Generalmente nella dieta mediterranea non compaiono gli Echinoidei (stelle marine), e gli Echinodermi (oloturie). In alcune tra le oltre 2000 specie di stelle marine è presente una tossina che blocca irreversibilmente la trasmissione neuromuscolare.

Alcune delle circa 500 specie di oloturia vengono mangiate in estremo oriente (trepang), ma solo poche specie contengono la tossina chiamata Oloturina (che potete osservare nel disegno seguente) e sostanze ad azione neurotossica, bloccando la trasmissione dell’impulso nervoso: esse vengono chiamate anche saponine in quanto possiedono alcune caratteristiche in comune con le sostanze saponose. Tali specie, se ingerite (in tal caso sono prima bollite e poi affumicate o seccate al sole), possono causare paralisi e morte, non esistendo alcun trattamento specifico.

Anche il riccio, può risultare talvolta tossico se ne vengono ingerite le uova. Tali casi sono comunque rari e provocano una sintomatologia (nausea, vomito, diarrea, cefalee e qualche manifestazione allergica) che guarisce senza complicazioni ed in breve tempo. Non si conosce ancora se tali evenienze siano da attribuire ad una sostanza tossica prodotta dal riccio o da un agente secondario come un batterio. Per alcune specie di ricci si crede invece che il veleno provenga dalle alghe di cui il riccio stesso si nutre.

Anche fra i crostacei una ventina di specie sono considerate sospette di avvelenamento, ma solo 4 e in particolari periodi dell’anno, oltre che solo in certe regioni, contengono la Saxitossina. Ne esiste anche una specie che diventa tossica in presenza di maree rosse cariche di Dinoflagellato gonyaulax.

Anche alcune tartarughe marine tropicali sono sempre tossiche se mangiate; e tra gli echinodermi ricordarsi che i ricci nel periodo riproduttivo, se mangiati crudi, possono provocare avvelenamento manifestandosi con vomito e diarrea. Consigliamo quindi a chi viaggia o soggiorna anche per brevi periodi in tali località, di osservare una certa cautela con questo tipo di alimentazione.

In acque tropicali dovrebbero essere mangiati sempre pesci di peso inferiore ai due chili, poiché la quantità di veleno è tanto maggiore quanto più è elevato il peso e, comunque, è sempre meglio affidarsi in proposito alle usanze e costumi locali, poiché sviluppatisi in base all’esperienza di numerosissime generazioni. In sostanza anche per i pesci tossici abbiamo potuto constatare come il Mediterraneo in generale e i mari italiani in particolare siano quasi completamente privi di specie dannose o sospette e quindi particolarmente favorevoli a coloro che amano nutrirsi dei prodotti marini.

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 16:39.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com