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Animali Pericolosi in Mediterraneo

Attinie o Anemoni


Tra le forme bentoniche sono assai note le attinie volgarmente chiamate anemoni di mare. Hanno l’aspetto di un grosso polipo isolato, con un asse centrale, munito in basso di un disco adesivo col quale si fissano alle rocce o ad un qualsiasi substrato duro e portante all’estremità superiore una corona di tentacoli più o meno numerosi e più o meno lunghi, tutti cosparsi di cellule urticanti. Nel Mediterraneo le anemoni sono comunissime e in molti punti della costa tappezzano letteralmente i fondali rocciosi o sassosi. Le più diffuse sono l’Anemonia sulcata che è di color bruno o nocciola e che spesso possiede la punta dei flessuosi e morbidi tentacoli colorata di cremisi, mentre l’Actinia equina è quella rosso sangue più comunemente nota come pomodoro di mare. Meno comuni ma altrettanto e forse più urticanti sono la Sagrati elegans e l’Adamsia palliata (bianca con macchie violette) e anche la Alicia mirabilis (cnidari).

La loro principale caratteristica è già espressa nella loro denominazione: essi infatti possiedono una cavità interna gastrica, detta celenteron, comunicante con l’esterno mediante un’unica apertura. A circondare l’unica apertura vi è un certo numero di tentacoli di varia lunghezza, il cui esatto numero, ovvero il fatto che la loro somma sia un multiplo di sei od otto, è indice di ulteriore classificazione.

Gli antozoi si suddividono infatti in due sottoclassi: esacoralli e ottocoralli. Una particolarità di tipo propria solo di questi animali, è quella di possedere delle unità urticanti chiamate cnidoblasti, da cui deriva il nome cnidari. Queste unità, costituite da un’ampolla che contiene un filamento ricoperto da una sostanza urticante, vengono attivate, ovvero estroflettono il filamento urticante, quando un corpo estraneo stimola un particolare ciglio, il cnidociglio, posto in corrispondenza dell’apertura dell’ampolla.

Gli antozoi all’epoca dell’impero romano erano classificati come “ortiche di mare”, per le loro caratteristiche di urticare appunto gli altri animali con cui vengono in contatto. Poche anemoni di mare hanno la potenza sufficiente da rappresentare un pericolo per l’uomo.

Vediamo ora più da vicino qual è l’effetto del veleno dei celenterati e quali siano i trattamenti consigliabili per le persone colpite. È opportuno chiarire subito che non esiste a tutt’oggi, nessun antidoto specifico per i veleni inoculati dalle punture degli Cnidari. All’atto dell’urto o del contatto della pelle umana con il corpo dell’animale, si avverte immediatamente una sensazione di dolore intenso e bruciante; la zona colpita si arrossa, si gonfia localmente e si nota la comparsa di vescichette. Nei casi più gravi, si può avere una rapida necrotizzazione dei tessuti superficiali, che da rossastri e cianotici divengono nerastri, come se fossero stati carbonizzati. Comunque, l’azione tossica esplicata dal veleno rimane limitata alla zona colpita e alle parti cutanee e superficiali della vittima. In generale, si manifesta una dispnea molto accentuata, accompagnata da una profonda spossatezza muscolare e da crampi.

Nel caso di un sommozzatore immerso, questi effetti generali possono riuscire facilmente letali, per l’impossibilità di nuotare o di respirare normalmente. Il trattamento delle ustioni consiste nello spalmare la parte colpita con sostanze emollienti, quali olio di oliva, vegetallumina, creme grasse per la pelle, lievemente disinfettanti, ecc. Nei casi più gravi può essere opportuno somministrare stimolanti cardiaci.

L’unica difesa dalle ustioni degli cnidari è un’adeguata protezione dell’intero corpo, con una muta completa. Persone già colpite da questo tipo di incidente, devono usare particolari cure per evitare conseguenze più gravi, a causa del già accennato fenomeno dell’anafilassi.

Clinicamente sono osservabili due generi di sintomi, uno locale e uno generale, che però variano grandemente secondo la specie che ha determinato l’avvelenamento, il punto e l’estensione dell’area colpita e la persona che può essere più o meno sensibile agli effetti del veleno. La prima sensazione è locale ed è un’irritazione della pelle che è quasi sempre bruciante e dolorosissima. L’area colpita diviene rossa e immediatamente dopo si forma un’eruzione infiammatoria con rigonfiamenti anche molto vistosi, formazione di papule e bolle sierose con minute emorragie della pelle. A volte si ha una completa necrotizzazione del tessuto epidermico che diviene nero come se fosse stato toccato da un ferro rovente. Ciò che più colpisce è l’immediatezza della reazione dei tessuti all’azione del veleno. Nella maggioranza dei casi, per quanto riguarda quasi tutte le attinie e molte meduse, l’azione tossica si limita ad essere locale. Se la zona colpita è più estesa o la specie è particolarmente pericolosa o anche se la persona colpita è eccessivamente sensibile, all’azione locale ne segue una generale che può essere grave e allarmante. In generale prima di ogni altro sintomo si manifesta una dispnea marcata con sensazione angosciosa; questa dispnea diminuisce lentamente per dar luogo a uno stato depressivo e a un senso di estrema spossatezza muscolare. Nei casi più gravi possono manifestarsi crampi muscolari, rigidità addominale, difficoltà o impossibilità di parlare. Il trattamento diretto ad alleviare o ad estinguere gli effetti del veleno è locale, ma in genere di scarso risultato e consiste nell’applicazione di pomate emollienti, soluzioni diluite di ammoniaca, bicarbonato di sodio, olio di oliva, ecc. Se il dolore è molto violento e insopportabile può essere sedato unicamente con iniezioni di morfina o altro oppiaceo. Possono essere anche utili stimolanti cardiaci o respiratori e iniezioni di gluconato di calcio per via endovenosa, per il controllo degli spasmi muscolari. Bisogna infine tener conto del fenomeno già descritto dell’anafilassi e cioè del fatto che una persona già colpita, anche debolmente, un certo tempo prima, è maggiormente sensibile all’azione del veleno di una che non sia mai stata lesa.

L’unico consiglio possibile per evitare di essere colpiti è quello di imparare a conoscere bene questi animali ed evitare di toccarli o di avvicinarsi ad essi. Ciò è relativamente facile per le attinie e gli altri organismi sessili, meno per quelli pelagici che spesso non sono nemmeno facilmente visibili dai sommozzatori muniti di occhiali o di maschere. Per i semplici bagnanti è ancora peggio, specialmente quando si immergono dopo le mareggiate, poiché è facile in tali circostanze imbattersi in frammenti di meduse o filamenti di sifonofori lacerati dalle onde che però conservano ancora intatta la loro proprietà urticante. L’unica protezione veramente efficiente si ottiene indossando le tute impermeabili di neoprene che evitano qualsiasi contatto diretto della pelle con agenti esterni. Comunque le attinie si limitano generalmente solo ad irritare la pelle per 2 o 3 giorni.


TERAPIA

in questi casi l’impiego di pomate analgesiche, antistaminiche e cortisoniche, dell’ammoniaca e dell’aceto o pomate tipo antizanzare, o foile. Le tossine di questi celenterati si trovano nelle nematocisti che gli animali scagliano contro la preda. Gli effetti possono essere molteplici, più o meno pronunciati a seconda della specie e si distinguono in: dermonecrotici, cardiotossici, emolitici, neurotossici. Il primo sintomo è sempre un forte bruciore e un dolore intenso localizzati alla regione colpita, questa diventa gonfia, si copre prima di vescichette, poi di ulcere necrotiche. Possono seguire mal di testa, brividi, febbre. Nei casi più gravi si ha paralisi muscolare e morte per collasso cardiaco. In ogni caso lavare bene la parte colpita con acqua di mare per rimuovere eventuali filamenti ancora presenti. Applicare dell’alcool e quindi della sabbia asciutta (mai sabbia bagnata o acqua dolce!) da evitare la doccia e l’impiego di acqua calda come anche di scarso effetto l’impiego di ghiaccio. Purtroppo in caso di dolore gli unici analgesici efficaci sono di difficile uso e richiedono la presenza di un medico (codeina, meperidina, procaina, etc.) questo vale anche ovviamente per i sintomi più gravi. Il medicamento principale è l’ammoniaca che ha il potere di bloccare l’azione del veleno, ma è ugualmente valido spalmare la parte colpita più volte al giorno con pomate antibiotiche al cortisone. In caso però che non ci sia possibile averle sottomano possiamo ricorrere a due rimedi empirici ma sempre validi: una mezza cipolla può servire ad alleggerire l’azione del veleno, come una fetta di pomodoro che oltre a sfiammare la parte la rinfresca e garantisce una buona idratazione. Parleremo delle seguenti specie più comuni:

Alicia mirabilis
DI GIORNO


Alicia mirabilis
DI NOTTE


L’Alicia mirabilis appartiene alla sottoclasse degli esacoralli, ordine attiniari, famiglia aliciidi, genere alicia, specie mirabilis; si trova nei mari tropicali ed è diffusa nell’Atlantico Centrale e nel Mediterraneo, dove vive, sui fondali rocciosi o anche sabbiosi dai 10-15 metri ad oltre 50 metri. Quando è estesa misura sino a 40 centimetri. È molto urticante e in grado di cambiare notevolmente di aspetto tra il giorno, quando è retratta, e la notte, quando si distende completamente trasformandosi in una colonna disseminata di tubercoli e sovrastata da una corona di tentacoli traslucidi.

Alicia mirabilis
ALICIA MIRABILIS

Classe: Antozoi Sottoclasse: Zoantari

Ordine: Attiniari Sottordine:

Famiglia: Alciidi Genere:


Attinia orologio (Adamsia palliata)


La base e il corpo sono modificati per aderire alla conchiglia in cui è inserito il paguro. Quando questi si accresce anche l’attinia forma una sorta di sostanza cornea che amplia effettivamente le dimensioni della cavità abitata dal paguro. La base può raggiungere i 7 centimetri di diametro mentre il corpo si adagia sulla conchiglia ed è fornito di circa 500 tentacoli.

La colorazione fondamentale varia dal giallo al bruno chiaro di solito con macchie rossastre. Il disco in cui sono inseriti i tentacoli ed i tentacoli stessi sono traslucidi. Se irritato è capace di emettere una serie di filamenti di colore lilla-porpora detti acontie.

Vive sui paguri che vivono sulla sabbia o sul fango dalla superficie fino a circa 90 o 100 metri. Si nutre di forme planctoniche, di residui del pasto del paguro ospite e di altre sostanze organiche in sospensione.



Actinia equina attinia orologio

Classe: Antozoi

Sottoclasse: Zoantari

Ordine: Attiniari

Famiglia: Ormatidi


Capelli di Serpe



L’Anemonia sulcata ha base adesiva a ventosa alta fino a 10 centimetri, ma di solito alta pochi centimetri dato che si allarga nel substrato. I tentacoli non sono totalmente retrattili e raggiungono il numero di 180-200 con una lunghezza di 15-20 centimetri. La punta è di solito colorata di rosa o di vinaccia ed i tentacoli sono disposti su 6 file sovrapposte. La base ha colorazione tendenzialmente bruno-verdastra mentre i tentacoli hanno spesso una colorazione più pallida del corpo e può anche mancare il colore rosato delle punte. Vive in zone illuminate non molto esposte, dalla superficie (anche in grosse colonie) fino a 20-25 metri di profondità. Si nutre di piccoli invertebrati, ma anche di pesci e crostacei di dimensioni abbastanza rilevanti.

Anemonia sulcata
CAPELLI DI SERPE

Classe: Antozoi

Sottoclasse: Zoantari

Ordine: Attiniari

Famiglia: Alciidi



Pomodoro di mare (Actinia equina)



L’Actinia equina ha base adesiva larga a forma di ventosa. Corpo a tronco di cono alto in espansione fino a 7-10 centimetri e fino a 6 centimetri di diametro. I tentacoli retrattili, sono circa 200 disposti su 5-6 cerchi sovrapposti e raggiungono la lunghezza di 2 centimetri. Quando l’animale rimane allo scoperto oppure è disturbato i tentacoli vengono ritirati all’interno della base di appoggio. In questa posizione vengono messi in evidenza 24 punti blu disposti intorno all’apertura. La colorazione è di solito rosso vivo, ma può variare dal rosso scuro al brunastro uniforme o puntinato di giallo. Abbastanza comune nella zona infralitorale superiore, rimane spesso scoperta durante la bassa marea. Si nutre di organismi planctonici o di piccoli pesci che imprigiona con i tentacoli anestetizzandoli con gli cnidoblasti.

Actinia equina
pomodoro di mare

Classe: Antozoi

Sottoclasse: Zoantari

Ordine: Attiniari


Famiglia: Alciidi