ARX FATALIS

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el.barto88
00domenica 3 aprile 2005 00:00
Anche se forse nn vi interesserà + di tanto dato che ormai siete tutti per world of warcraft, ma vi devo assolutamente portarvi a conoscenza di qst gioco stupendo di rpg....
Dovete sapere che non è facile per me parlare di Arx Fatalis, attendo questo gioco da tantissimo tempo, fin da quando si cominciò a vociferare riguardo ad un possibile progetto, da parte di una poco conosciuta software house, di riproporre al pubblico, tecnicamente in chiave moderna, uno dei più grandi capolavori che la storia dei giochi di ruolo per pc ricordi, il fantastico Ultima Underworld.
Ora, dopo aver finito il gioco e sviscerato per bene tutti i livelli in cui la trama di svolge, posso dire con tutta sicurezza: “Ragazzi esultate, the king is back!!!”
Bene, mi sono sfogato, possiamo cominciare questa recensione, vediamo un pò chi sono i loschi figuri che stanno dietro a questo giocone.
La “creatura” (Arx Fatalis), è frutto del lavoro di una software house nata nel 1999 a Lione, in Francia, quindi si tratta di un vero e proprio esordio, perlomeno al grande pubblico; stiamo parlando degli Arkane Studios, un gruppo diretto dal quel geniaccio di chiare origini italiane di Raphael Colantonio (come potete vedere all’estero non esportiamo solo spaghetti, pizza e mafia…), come di origine italiane sono anche altri componenti del team.
Publisher del titolo gli austro-tedeschi della JoWood, che confermano due cose: di credere negli rpg anche se non sono realizzati con enormi budget e di credere nell’Italia come Paese dove investire in videogiochi; grazie a loro e, bisogna dirlo, al distributore Leader, ci stiamo godendo ottimi giochi e ben localizzati.
Arx Fatalis è un crpg (gioco di ruolo per pc) single player, con visuale in prima persona, senza party e con combattimenti in tempo reale; fa parte di quella famiglia di giochi di ruolo per pc che annovera capolavori secolari, come il già citato Ultima Underworld (1 e 2), Daggerfall, System Shock e relativi seguiti.
Proprio come il “nonno” UW, Arx presenta una caratteristica abbastanza particolare, si svolge totalmente al chiuso, per la precisione sotto terra, in una specie di mondo totalmente composto da gallerie. Le ragioni? Beh presto dette…



La storia
Arx una volta era una città attiva e prolifica, un gioiello governato dal più grande dei suoi regnanti, re Poxellius.
Con giustizia e saggezza egli seppe affrontare ogni difficoltà, guadagnandosi l’affetto dei propri sudditi che in lui videro un condottiero capace e benevolo. I problemi certo non mancavano, le periodiche scorribande dei goblin o degli infidi uomini-ratto non erano certo una cosa piacevole, ma grazie all’addestramento delle proprie truppe la città seppe sempre difendersi e respingere colpo su colpo senza troppi problemi.
I problemi seri però sorsero quando l’unica risorsa che non doveva mancare, cominciò letteralmente a tramontare, per sempre…
Il sole, l’unica certezza in un mondo sconvolto da guerre e odi tra le varie razze, cominciò ad oscurarsi, la temperatura cominciò a scendere sempre più, fino ad diventare una seria minaccia per la sopravvivenza degli esseri viventi.
Fu così che Poxellius decise di stipulare un patto con una delle più longeve razze del pianeta, i nani, gli unici che potevano salvarsi dalla catastrofe in atto rifugiandosi nel sottosuolo, dove avevano costruito un immenso reame sotterraneo, formato da cunicoli e grotte.
Nell’anno 226 cominciò il grande esodo sottoterra, e non solo da parte degli umani, anche troll e goblin seguirono questa strategia e, per una volta, in nome della sopravvivenza, le razze misero da parte le incomprensioni e gli odi che le avevano divise e fecero in modo di aiutarsi a vicenda, scavando e trasferendo la propria gente e i propri averi nella loro nuova dimora.
Non furono da meno gli uomini-ratto, che però, come loro solito, non strinsero nessun accordo con le altre razze.
Il regno passò da Poxellius a suo figlio Lunshire, il quale completò l’opera del padre, ci vollero infatti cinque anni per trasferire il genere umano dalla superficie alle viscere della terra.
Nonostante i grossi problemi che comportò questo immenso trasferimento, dopo qualche tempo i vecchi rancori e le vecchie incomprensioni tra le razze tornarono a farsi sentire; la pace si incrinò fino a dare vita alle schermaglie che caratterizzavano la vita in superficie.
Come se la triste sorte toccata alle creature del pianeta non bastasse, anche gli dèi decisero di metterci del loro, in particolare il malvagio Akbaa, dio della distruzione e della guerra, decise di manifestarsi in questo mondo sotterraneo attraverso i suoi seguaci e proprio a causa di questo fatto entriamo in gioco noi.

Il personaggio e il controllo
Dopo la bella introduzione iniziale, che da l’idea del clima di tensione tra le varie razze che popolano questo mondo sotterraneo, il gioco ci permette di creare il nostro alterego digitale.
Per far questo è necessario utilizzare una scheda in cui vengono presentate le abilità di base del personaggio, questi punteggi possono essere incrementati distribuendo dei punti che vengono forniti anche durante il passaggio di livello.
Tali punti vanno suddivisi sia tra le caratteristiche del personaggio che tra le sue abilità. Le prime sono le classiche forza, destrezza, intelligenza e costituzione, le seconde invece rappresentano le abilità che in qualche modo caratterizzano la nostra “classe”; tali abilità spaziano da quelle puramente fisiche (come furtività, armi da lancio, corpo a corpo e difesa) a quelle più intellettuali (come legame etereo, intuizione e magia), includendo infine anche abilità tecniche (come la conoscenza degli oggetti).
Come potete vedere, nonostante non ci sia una selezione diretta della classe, ci sono vari modi di caratterizzare il protagonista distribuendo i punti esperienza.
Il sistema funziona molto bene, però non si può non obbiettare che il gioco sia rivolto alla creazione di personaggi abbastanza generici. Affrontare l’avventura utilizzando un personaggio troppo specializzato è praticamente un suicidio, io stesso volevo creare un mago, ma dopo una mezz’oretta mi sono convinto che proseguire su questa strada avrebbe reso impossibile il gioco, e continuando questa mia impressione è stata confermata appieno.
In definitiva la “classe” ideale è un ibrido mago/guerriero. Se vorrete sopravvivere, affrontare con successo le quest del gioco e sviscerare per bene tutti i livelli, è necessario avere piena padronanza sia delle arti magiche che di quelle di spada.
Come ho già avuto modo di dire all’inizio dell’articolo, in Arx Fatalis i riferimenti alla serie Ultima Underworld non mancano; nonostante non ci si limiti a questo, i giocatori di vecchia data appassionati di quella serie, non potranno non lasciarsi sfuggire qualche lacrimuccia ritrovando tante soluzioni già viste nei giochi di cui sopra.
Ho constatato, sia di persona, che vedendo altri provare il gioco su alcuni pc presenti alla scorsa edizione dello smau di Milano, come il sistema di controllo risulti inizialmente un po’ complicato, forse non tanto per la stranezza di alcuni controlli, quanto invece per la tendenza a considerare il combattimento come unica prerogativa di un gioco con visuale in prima persona.
Non temete comunque, alla Arkane hanno pensato anche a questo, infatti i controlli sono tutti personalizzabili, dal primo all’ultimo.
Esistono due interfacce, quella di movimento/combattimento e quella di interazione con l’ambiente; la prima permette di combattere e di spostarsi, per fare questo dovrete usare i classici tasti di movimento (come in qualsiasi gioco con visuale in prima persona) e il mouse per muovere lo sguardo del personaggio. La modalità di interazione invece permette di fissare lo sguardo e interagire con oggetti di vario tipo, sia presenti nel nostro inventario che nelle immediate vicinanze.
Tra le preferenze del gioco è presente un’opzione per gestire il passaggio tra queste due modalità, tale opzione presenta due tecniche; la prima permette di passare dall’una all’altra con un click del tasto destro del mouse; in questo modo per esempio, se dovessimo raccogliere un oggetto da terra, sarà necessario spostarsi e abbassare lo sguardo con la modalità movimento/combattimento, cliccare con il tasto destro interagire con l’oggetto usando il puntatore del mouse, e spostarlo nell’inventario.
In alternativa è possibile passare tra la prima modalità alla seconda tenendo premuto il tasto destro del mouse, una volta rilasciato questo ci riporterà in modalità movimento.
Il gioco si svolge tutto in real time, il che significa che non esiste alcun tipo di pausa durante il gioco, nemmeno durante l’azione mediante la pressione della barra spaziatrice (un po’ come già visto fare in Baldur’s Gate e Neverwinter Nights).
Mentre durante la normale esplorazione è presente il crosshair (il “mirino” presente in tutti i giochi con visuale in soggettiva), ho notato che durante il combattimento questo sparisce; ciò potrebbe mettere in difficoltà i giocatori meno abituati a questa visuale, specialmente durante il lancio di un incantesimo.
Comunque sia sappiate che qualunque freccia, colpo di spada, o incantesimo, punta sempre verso il centro dello schermo, di fronte a noi, per cui con un po’ di abitudine si riesce tranquillamente a sopperire a questa mancanza.


combattimenti
Il sistema di combattimenti ricalca in modo pressoché identico quello dello stracitato Ultima Underworld, dopo aver imbracciato un’arma è necessario premere l’apposito tasto per passare alla modalità “aggressiva”; per scagliare un colpo è necessario premere e rilasciare il tasto del mouse, e la potenza risulterà proporzionale al tempo impiegato a far questo.
E’ possibile inoltre affinare questa tecnica premendo uno dei tasti movimento al momento del caricamento del colpo; con il tasto usato per arretrare il nostro personaggio effettuerà un affondo, premendo gli altri tasti invece è possibile effettuare colpi di taglio che vanno da sinistra a destra (o viceversa), oppure colpi frontali dall’alto verso il basso.
Per quanto riguarda le armi da lancio, il sistema adottato prende palesemente ispirazione da un altro grande capolavoro, Thief, della ormai defunta Looking Glass.
Una volta imbracciata l’arma è sufficiente premere il tasto sinistro del mouse per incoccare una freccia e prendere la mira, dopo pochi secondi la visuale subirà un leggero zoom in grado di migliorare la precisione di tiro. Purtroppo la freccia si può tenere incoccata quanto si vuole, mentre in Thief questa pratica affaticava il personaggio compromettendone la mira e costringendolo a mollare la presa se questa veniva mantenuta per troppo tempo. Un altro piccolo difetto è dato dal fatto che i dardi percorrono sempre una traiettoria rettilinea non risentendo in alcun modo della gravità.
Le armi presenti nel gioco appartengono al più classico degli inventari fantasy, ci sono spade (a una mano o a due), asce (grandi e piccole), martelli, pugnali, mazze, bastoni e addirittura ossa da usare come strumenti offensivi. Anche dal punto di vista difensivo non ci sono grandi sorprese, si passa da armature di cuoio a cotte di maglia fino a corazze di piastre, ovviamente non mancano nemmeno gli scudi, anche in questo caso di dimensioni variabili.
Sempre seguendo la tradizione è possibile ottenere armi o armature magiche, oppure forgiate attraverso metalli rari (come il mithril).
Devo confessare una mia personale perplessità riguardante le armi, ovviamente tale critica non riguarda certo il tipo o in numero disponibile, quanto l’utilizzo delle stesse. Usare uno spadone a due mani è sicuramente un’operazione più lenta e impacciata che non usare un pugnale, e la prima arma giustamente produce dei danni devastanti rispetto alla seconda. Sta di fatto che non ho trovato molte differenze nell’usare le diverse armi, non ho trovato avversari più sensibili a un’arma piuttosto che a un’altra; in pratica si cerca sempre la più potente, a prescindere dall’avversario che ci si trova di fronte non si fa che usare sempre quella.

livelli
Il gioco si svolge lungo 8 livelli ciascuno caratterizzato da un proprio stile grafico e da una o più razze che lo popolano.
Appena iniziato il gioco presenta poche zone da esplorare e un andamento abbastanza lineare, dopo però meno di un’ora di gioco ci si ritrova liberi di esplorare pressoché ovunque.
Il livello di difficoltà non cresce man mano che si scende lungo i livelli, tant’è che dopo poche ore di gioco si possono tranquillamente esplorare i più reconditi regni sotterranei.
La difficoltà è strettamente legata all’avanzamento del giocatore nella quest principale del gioco, proseguendo infatti vengono sbloccate zone inizialmente inaccessibili, le quali presentano le sfide più interessanti e di livello sempre crescente.
Il design dei livelli è veramente di ottimo livello, alcuni sono intricati con passaggi claustrofobici, altri invece, come la città di Arx, sono ordinati e logici (ovviamente in chiave medioevale/fantasy). Ciò che però caratterizza entrambi è la cura veramente maniacale nella riproduzione di particolari, sia che si tratti di oggetti di arredamento o di semplici coperture, sia che si tratti di resti di animali o di semplice roccia, le texture sono sempre molto dettagliate e i modelli ricchi di poligoni.
Ci sono tantissimi passaggi segreti, spesso si possono prevedere semplicemente osservando scrupolosamente la mappa del gioco, ciò però non fa che spingere il giocatore a cercare ancora più attentamente il modo per accedervi.


Giocando...
Bene, ora che abbiamo toccato punto per punto quasi tutti gli aspetti del gioco (a dire la verità mancherebbe quello prettamente tecnico che io di solito relego alla parte finale dell’articolo) diciamo due parole sulle sensazioni che sa dare Arx Fatalis.
Innanzitutto devo dire che le impressioni variano molto in base alla predisposizione del giocatore nei confronti della visuale in prima persona. L’approccio del gioco è sicuramente di tipo esplorativo e molto pragmatico, fin dall’inizio l’inventario è sempre pienissimo, spesso si tengono cose totalmente inutili giusto per il gusto di averle e di sperimentare nuovi utilizzi futuri.
Non c’è grande interazione con gli npc, il gioco è imperniato sul personaggio principale che controlliamo e questa sensazione è ribadita in modo inconfutabile anche dal fatto che l’interazione nei dialoghi del gioco non esiste proprio. Quando si parla con qualcuno lo si fa durante una sequenza animata, e non c’è alcun modo di intervenire da parte del giocatore.
Sebbene esista un certo scheduling nel comportamento di alcuni personaggi non giocanti (per esempio i negozi sono aperti solo in determinate ore), il giocatore è il centro del mondo di Arx, tutto si muove e agisce in base alle sue azioni e in base al livello di completamento della trama principale.
Tutto ciò, insieme ovviamente alla visuale in prima persona e al sistema di magia e combattimento (molto incentrati sull’abilità personale), non fa che aumentare il livello di coinvolgimento (anche emotivo) del giocatore.
E’ inutile negarlo, dopo mezz’ora dall’inizio, ci si sente nel gioco, si esplora attentamente, si costruisce, si pesca, si cucina, si mangia. Il combattimento passa in secondo piano, tant’è che a volte si possono completare determinate quest o raggiungere obbiettivi, senza ricorrere alle armi, usando l’astuzia, l’esplorazione e gli oggetti dell’inventario.
La trama del gioco, anche se potrebbe sembrare di stampo classico, è ben studiata e sa sorprendere con diversi colpi di scena, che costringono il giocatore a passare dal ruolo di predatore a vera e propria preda, anche nei luoghi più insospettabili.
All’inizio non esiste un vero e proprio avversario, ne obbiettivo ben preciso, e in questo si possono trovare delle similitudini con quel capolavoro di Planescape Torment. Siamo semplicemente soli e imprigionati, non conosciamo nemmeno il nostro nome, non sappiamo ne dove siamo ne cosa stiamo facendo. Si viene letteralmente trascinati dagli eventi, si subisce il gioco e la sua trama, tant’è che durante i dialoghi sarà proprio il nostro personaggio a chiedere cosa abbia da guadagnare da tutto ciò che gli viene chiesto di fare.
Ovviamente questo stato non è permanente e infatti dopo alcune ore di gioco ci viene svelato il nostro ruolo. A quel punto tutto si chiarisce un pò e proprio da qui in avanti cominceranno i colpi di scena che ci vedranno protagonisti sempre più attivamente. L’attenzione per i particolari non solo è presente a livello grafico e di design, traspare da tanti aspetti, anche da quello che gli appassionati del genere definiscono come “poter fare anche il pane”, ovvero la possibilità di poter fare praticamente tutto.
Come già detto in precedenza, fin dall’inizio l’inventario è pienissimo di oggetti di tutti i tipi, e prima ancora di imparare a lanciare il primo banalissimo incantesimo, imparerete a fare di tutto, compreso il pane. Imparerete a costruirvi una canna da pesca, a pescare, a fare delle torte a cuocere il cibo (sapete com’è, mangiare carne di topo cruda non è proprio piacevole, nemmeno per il protagonista di un videogioco…), a riparare le armi, a forgiarle se necessario.
Questa è solo una piccola lista delle possibili azioni, alcune sono totalmente fini a se stesse o servono ad aumentare il feeling col gioco, altre hanno un utilizzo pratico, una torta avvelenata per esempio può tornare molto utile.
Come in tutti i crpg di natura esplorativa che si rispettino, anche Arx Fatalis ha la sua bella biblioteca da sfogliare. Tra le stanze dei palazzi o semplicemente dai negozianti o addirittura nei vari livelli del gioco, troverete diversi libri.
Dal punto di vista della quantità di scritti siamo anni luce dai vari Baldur’s Gate, per non parlare di Morrowind. In Arx i testi non sono tantissimi, ma molti di questi rivestono un’importanza fondamentale per chiarire il background del gioco, mentre alcuni sono indispensabili per risolvere alcune quest.
Definire la difficoltà del gioco è un compito abbastanza arduo, questo giudizio viene pesantemente influenzato dalla capacità del giocatore di sviluppare nel modo corretto il personaggio, e dal modo con cui ci si pone di fronte alle missioni.
Creando un personaggio di tipo mago/guerriero abbastanza equilibrato, il gioco non presenta combattimenti di una difficoltà insormontabile; questo non tanto perché gli avversari siano deboli, quanto invece per il fatto che un giocatore abbastanza smaliziato dovrebbe sempre riuscire a trovare una via di fuga in modo da limitare i danni, a tenere a distanza gli avversari, e a miscelare sapientemente magia e acciaio.
Resta il fatto che comunque affrontare in uno spazio angusto o fra mille cunicoli un avversario di discreto livello, rimane una buona sfida per chiunque, soprattutto se si è costretti ad usare la magia mentre si è attaccati.
Dal punto di vista della soluzione delle quest il gioco presenta degli ottimi enigmi e una difficoltà di buon livello, sicuramente sopra la media degli ultimi giochi.
Finalmente non si tratta soltanto di trovare la classica chiave di premere il solito interruttore o tirare l’ennesima leva, in Arx ci sono veri e propri puzzle; si tratta di enigmi la cui risoluzione si basa unicamente sull’osservazione e sulla ricerca, purtroppo niente logica, però già questo rappresenta un notevole salto di qualità rispetto alla media dei crpg odierni e un graditissimo ritorno a un modello di gioco che sembrava ormai perso da anni…



arychan
00lunedì 4 aprile 2005 11:55
belloooooooooo ci ho messo 3 ore per leggere il messagio ma ne è valsa la pena
ragazzi facciamoloooooooooooo
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