00 21/01/2006 13:35
Animali Pericolosi in mediterraneo
Avvelenamento da Batteri e altro


Gli scarichi cloacali riversano in mare direttamente o attraverso i corsi d’acqua, una enorme massa di batteri, miceti, virus, larve e uova di parassiti, eliminati dall’uomo e dagli animali.

Accanto ai batteri non patogeni che sono in numero altissimo ve ne sono di patogeni presenti nelle deiezioni di ammalati o di portatori sani il cui numero varia in rapporto alle condizioni sanitarie delle popolazioni umane. Si tratta di batteri del tifo, paratifo, colera, etc, di spirochete, di virus enterici e dell’epatite virale, di protozoi patogeni (amebe, Trichomonas), uova di parassiti etc. I limiti standard per consentire la balneazione sono in Italia di 100 colifecali per 100 ml di acqua di mare: si calcola che almeno nei paesi più progrediti esista in media nei liquami una salmonella ed un virus enterico per ogni 100.000 fecali.

Ben più gravi problemi per la sanità pubblica si hanno per il consumo di prodotti della pesca da zone soggette a inquinamenti di vario tipo. Fra questi sicuramente i più pericolosi sono i molluschi bivalvi che essendo filtratori trattengono sulle branchie le particelle in sospensione. La quantità d’acqua che questi animali sono in grado di filtrare è notevole: un mitilo, ad esempio, filtra da 2 a 4 litri all’ora.

È quindi facile capire quali siano le possibilità di accumulo di batteri patogeni o di altri tossici presenti nei microrganismi o nel plancton, considerando inoltre che i batteri e i virus sopravvivono a lungo sulle branchie e nell’intestino dei bivalvi. È quindi indispensabile il controllo igienico degli allevamenti tanto più che le carni di questi molluschi, soprattutto per quel che riguarda le ostriche, vengono mangiate crude.

Le normative di legge proibiscono l’ubicazione degli allevamenti in acque in cui la concentrazione di Escherichia coli superi un determinato limite di sicurezza;: inoltre si deve effettuare la purificazione dei bivalvi in bacini di stabulazione. Tutti sanno quale cibo prelibato siano le ostriche (o le cozze) e tutti sanno anche quante volte esse siano state la causa di infezioni tifoidee il più delle volte mortali.

In genere i molluschi vengono consumato cotti, alcune specie però, come le ostriche e le patelle, anche crude: in tal caso possono provocare dei disturbi a causa dell’acqua di mare che, contenuta in esse, può avere azione purgativa. Indipendentemente da questo fatto, i molluschi consumati sia cotti che crudi, possono causare un malessere generale a motivo di talune tossine originate, in particolari condizioni, nel loro corpo.

Si è notato che l’aceto è antitossico e che tali malesseri possono colpire un individuo piuttosto o più gravemente che un altro; in caso di malore, è necessario provocare il vomito per mezzo di un emetico (ipecacuana, acqua calda salata ecc.), fare uso di laudano per lenire i dolori, sostenere il paziente per mezzo di eccitanti come il caffè o thè e, quando si sia rimesso, riprendere l’alimentazione gradualmente e con cautela.

Questo è un caso tipico in cui il povero mollusco in se stesso non è affatto responsabile della tossicità delle sue carni, che è dovuta esclusivamente all’inquinamento batterico determinato dalle acque infette delle cloache cittadine che si scaricano nelle zone di mare destinate alla molluschicoltura. La pericolosità delle acque napoletane nel 1971: il laboratorio d’Igiene e Profilassi aveva rinvenuto 600 coli fecali per ogni mitile e 1100 coli fecali per ogni centimetro cubo d’acqua.

Così sono state distrutte ben cinquantamila tonnellate di mitili e 10 quintali di preziosi tartufi e di vongole. Ma non si poteva fare altrimenti, quelle cozze avevano già provocato - alla data del 13 settembre 1971 - 15 morti a Napoli, 6 a Bari, uno a Cagliari e uno a Roma. Ma a Napoli, in ambienti non ufficiali e forse più competenti, erano circolate voci estremamente allarmanti: erano 500 e non 101 i casi di colera accertati, e i primi si erano verificati addirittura il 22 giugno.

Per vivere, respirare e nutrirsi, i mitili filtrano in continuazione l’acqua in cui risiedono, in ragione anche di 10 litri in media per ora: è un vistoso quanto facile esperimento porne alcuni in un recipiente d’acqua intorbidata e constatare come, se lasciati tranquilli in penombra, in poche ore la rendono limpida e cristallina, trattenendo dentro di sé ogni impurità.

È quindi ovvio che se li si alleva in acque inquinate come quelle del Golfo napoletano, che il Centro Oceanografico di Nizza aveva già da tempo indicate come di quarta-quinta categoria, cioè invase di agenti patogeni causa di tifo, paratifo, colera, epatite, congiuntiviti, otiti, sinusiti, laringiti, micosi, è ovvio che i mitili si trasformino rapidamente in vere e proprie, come è stato detto, «bombe biologiche»: accertata nelle acque napoletane una concentrazione di 15.000 colibacilli per litro (quindici volte superiore a quello che dovrebbe essere il livello d’allarme), ecco che in una sola ora un singolo mitilo può caricarsi di ben 150.000 colibacilli, quanto basta per scatenare come minimo una gastroenterite acuta, caratterizzata da dolori addominali, nausea, vomito e diarrea e di cui i sintomi insorgono 10-12 ore dopo l’ingestione dei molluschi.

Il tipo allergico si manifesta invece con rigonfiamento e rossore della pelle, eruzione di bolle del tipo orticaria, mal di testa, secchezza della gola, gonfiore della lingua, difficoltà di respirazione e palpitazioni cardiache ed è probabilmente dovuto ad una particolare sensibilità della persona colpita dalla carne del mollusco; fenomeni di questo genere sono spesso determinati anche da crostacei come le aragoste e anche da altri cibi come le fragole.

Ma al mitilo in ogni caso che colpa si può fare? Lui si limita a restituire quel che gli vien dato. Esistono anche altre situazioni i cui sintomi non possiedono particolari gravità e talvolta si presentano assolutamente atipici e inaspettati, questo è il caso di alcuni pesci dell’oceano Indiano e Pacifico (Openeus arge, Coconut crab, Kyphosus cinerascens) che sono in grado di provocare allucinazioni se ingeriti. Maggior interesse ha destato una nutrita casistica (con una trentina circa di episodi letali) conseguente all’ingestione di un mollusco (Babylonia japonica), un Bucceinide molto comune in Giappone, ma proveniente solo da certe località causava effetti tossici, mediante la biotossina estratta (surugatossina).

Per concludere, anche alcuni crostacei dell’oceano Pacifico e Indiano (Loabster, Horseshoe crab, ecc.), possono causare severi avvelenamenti. Non si pensa che ciò avvenga a causa di una produzione di tossina da parte dell’animale, ma si associa tale fenomeno alle sue abitudini alimentari.

Nel caso del Coconut crab lo si mette in relazione, per esempio, all’ingestione di particolari piante. Esaminando alcuni casi d’intossicazione, si è visto che dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore si riscontrano fenomeni patologici quali: aumento del numero dei globuli bianchi, ritardo della coagulazione del sangue e disturbi della funzionalità epatica, con esiti mortali in circa un terzo dei casi.


Terapia: Qualche ultima parola può essere spesa parlando del trattamento da attuare in casi di simili evenienze tenendo presente che la maggior parte delle misure da adottare è di tipo ospedaliero e che, quindi, bisogna subito ospedalizzare il paziente quando possibile e, anche se la sintomatologia non appare particolarmente grave, è consigliabile tenerlo sotto osservazione per almeno 24 ore. Il trattamento iniziale avrà lo scopo di ridurre l’assorbimento del veleno.

Lo si tenterà, a meno che non si sia verificato vomito o diarrea spontanei, con sostanze capaci di indurre il vomito (emetici). Potranno anche essere usati agenti come apomorfina, ipecacuana, somministrazione di acqua saponata e detergenti (sapone liquido per lavare le mani), oppure mediante uno stimolo meccanico inserendo un dito o uno strumento spuntato (cucchiaio) nella gola del paziente. Una lavanda gastrica risulterà molto efficace, mentre per la somministrazione di sostanze ad azione catartica (promuove l’escrezione) i pareri circa la reale utilità non sono concordi.

Molto utile è invece considerato il carbone attivato, che trattiene grosse quantità di veleno impedendone l’assorbimento da parte dell’intestino.