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"VITTIME"
di Giovanna Gagliardo

La memoria delle vittime

di Ilaria Falcone
Pubblicato lunedì 14 dicembre 2009 - NSC anno VI n. 6

Tra il 1969 e la fine degli anni Ottanta, quelli che sono comunemente definiti “Anni di Piombo”, ebbero tragico compimento in Italia ben 12.770 episodi di violenza terroristica, di attentati individuali e di stragi di varie dimensioni. Una media di cinque attentati al giorno; solo nel 1979 si sono registrati 2.200 attentati firmati da 215 sigle di sinistra e 55 di destra. Tra il 1969 e il 1984 l’Italia ha subito 8 drammatiche stragi: Piazza Fontana, Gioia Tauro, Peteano, Brescia, l’Italicus, Bologna, il Rapido 904.
Le vittime di questi atti terroristici, vergognosamente vigliacchi, erano cittadini, uomini con le loro idee, lavoratori, che svolgevano il loro compito, divenivano bersagli. Vittime è un documentario, della giornalista Giovanna Gagliardo, realizzato su iniziativa dell’AIVITER (Associazione italiana vittime del terrorismo) e ideato con lo scopo di ricostruire gli anni del terrorismo del nostro paese. Trent’anni di quella parte della nostra storia, ferita ancora aperta, sono raccontati a ritroso a partire dal 2003, nel giorno dell’uccisione dell’agente di Polizia Ferroviaria Petri, e si concludono con il 12 dicembre 1969: la strage di Piazza Fontana. L’obiettivo di questo documentario è quello di restituire la memoria ai sopravvissuti, ai familiari, alle vittime del terrorismo.

Signora Gagliardo, come mai ha scelto di raccontare gli avvenimenti a ritroso?

Non avendo un ordine cronologico a cui attenermi, cioè da rispettare, mi sono permessa questa libertà di andare avanti e indietro nel tempo. Poiché tutto ha inizio da Piazza Fontana mi è sembrato giusto finire dall’inizio.

Come è nata la sua collaborazione a questo progetto?

Gaetano Blandini, Direttore Generale Cinema Ministero per i Beni e le Attività Culturali, mi ha contattata per sapere se volevo realizzare questo documentario dal punto di vista delle vittime. E ho subito detto di sì. Perché mi incuriosiva realizzare un documentario dal punto di vista delle vittime, che io stessa non conoscevo. Durante la realizzazione di Bellissime (in cui ho trattato l’emancipazione femminile nel ’900) ho incontrato Gemma Calabresi (la vedova del Commissario Calabresi) e sono rimasta colpita, non solo per le cose che diceva, ma soprattutto per la sfera personale. La sua storia mi aveva fatto capire quanto poco ne sapessi sulle vittime di quelle stragi. Si sa tanto dei processi, delle strategie politiche, ma non si sa quasi nulla sulle vittime, su chi fossero, cosa facessero prima e dopo… questa opportunità che mi è stata offerta mi è sembrato come un dono. Per cui raccontare le loro vite è come raccontare una fetta del passato, una parte di storia che ci appartiene.

Qual è stato il suo obiettivo come regista?

È stato quello di non dare una ricostruzione storica o un affresco di quegli anni di piombo. Abbiamo messo in evidenza le storie personali di chi il terrorismo lo aveva vissuto.

Con quale metodologia ha selezionato i fatti e le testimonianze?

In 90’ era impossibile riuscire a raggiungere tutti i soggetti meritevoli di attenzione. Per questo, ho cercato di privilegiare le città più colpite dal terrorismo: Milano, Genova, Torino, cercando di mettere in evidenza i casi meno noti: le forze di polizia, le guardie carcerarie, i carabinieri. È stato un lungo viaggio nel tempo per restituire alla memoria collettiva il punto di vista di tutte quelle vittime che hanno dovuto portare sulle spalle il peso delle scelte violente fatte dagli altri.

In che modo ha proceduto per ottenere questi risultati?

Con questi obiettivi, abbiamo raccolto storie, testimonianze e ricordi dando voce al silenzio di tutte quelle persone, che, nel corso di più di trent’anni, non erano riuscite o non avevano voluto farlo. Il mio lavoro è stato quello di andare in giro per l’Italia e ascoltarli e poi, la parte più difficile, è stata selezionare. È stata una parte veramente ardua per me, perché tutte le storie erano importanti e meritavano di avere il loro tempo e la loro narrazione. Quindi ho cercato di trovare la storia o le storie che potessero rappresentare sé stesse e quelle del nostro paese.

Invece la scelta del materiale di repertorio in base a quali criteri è stata realizzata?

Fin dall’inizio, la mia scelta registica è stata accogliere tutti i sì delle persone che mi davano il loro consenso alle interviste e cercare il materiale di repertorio. Ma non volevo filmati che fossero ricostruzioni storiche o ne parlassero a posteriori. Ci siamo messi a cercare materiale di quelle giornate, una cronaca senza memorizzazione o interpretazione. Infatti, una scelta è stata quella di inserire i telegiornali del giorno e dietro questa notizia aprire il sipario e raccontare queste famiglie e la loro vicenda. Ho trovato gran parte dei materiali nella sede milanese della rai. La maggior parte sono filmati mai andati in onda, “scartati” nella fase del montaggio, e che sono stati perfetti per il mio lavoro.

Vittime è composto da una ventina di testimonianze che, con il supporto visivo dei notiziari di allora, ricostruiscono i fatti di quelle giornate spettrali. Madri, mogli, figli raccontano le personalità, i progetti, le idee di quegli uomini e quelle donne a cui è stata spezzata la vita. Vittime sarà il documentario che chiuderà la cerimonia di apertura della sede storica del Piccolo Teatro a Milano, in via Rovello 2, esattamente a 40 anni di distanza dalla strage di Piazza Fontana. Non è previsto un passaggio nei cinema di questo documentario, ma sempre la regista ci ha detto che il dvd verrà distribuito, da gennaio, nelle scuole, mediateche, cineforum, nelle case della memoria per una diffusione pedagogica, non sarà quindi commercializzato.

È prevista una programmazione sulle reti rai?

Lo speriamo! Dovrebbe essere trasmesso sulle reti rai, certo. Noi abbiamo proposto come data il 9 maggio per celebrare la seconda Giornata della Memoria.

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