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CORRIERE DELLA SERA 16/12/2006
Catturati già due esemplari, a rischio la fauna ittica del Lario Lecco, allarme pesci siluro «Qualcuno li immette nel lago» Gli esperti:ci sono le dighe, non possono essere arrivati dal Po
LECCO - La minaccia per la fauna ittica dei laghi briantei e della sponda lecchese del Lario si chiama pesce siluro, Silurus glanis se preferite il nome scientifico. Fino a ieri si pensava che la dimunizione di lavarelli, pesce persico e alborelle nei bacini della zona fosse una conseguenza dell’abilità predatoria di cormorani e svassi, uccelli che in alcune stagioni dell’anno popolano i laghi prealpini. Negli scorsi anni i pescatori avevano puntato il dito contro questi volatili: «Ci mangiano tutti i pesci». E avevano chiesto alle amministrazioni locali il permesso di abbatterli. I responsabili delle associazioni ambientaliste, invece, si sono sempre dichiarati contrari alla caccia agli uccelli predatori: «Sta cambiando l’ecosistema», era la motivazione prevalente a difesa di cormorani e svassi. Nessuno aveva fatto i conti con l’arrivo del pesce siluro. Una ricerca legata alla prima «Guida dei pesci della provincia di Lecco», presentata ieri, evidenzia che all’origine della scomparsa di alcune specie c’è proprio lui, il Silurus glanis. Il primo esemplare (pesava 15 chili e secondo gli esperti non aveva più di due anni) è stato catturato durante una battuta di pesca a Garlate, sull’omonimo lago. Un secondo pesce (più piccolo, sette chili di peso) ad Abbadia Lariana.
Per i pescatori lecchesi, 22 professionisti e quasi 7 mila dilettanti, è un inaspettato colpo di scena. E il presidente vicario della locale sezione della Federazione italiana pesca sportivi, Rosario Airoldi, raccoglie la sfida: «Se ci danno il via libera, potenzieremo le battute di pesca: il siluro va eliminato, è una specie che cresce rapidamente, divorando quantità incredibili di pesce». «Mani libere nelle battute, anche con le reti», chiedono i professionisti.
Ma che tipo è il Silurus glanis ? «È una specie - spiega Pietro Gatti, dirigente del servizio pesca della Provincia, che ha coordinato la ricerca e la stesura della "Guida" - che si sta diffondendo rapidamente e potenzialmente è molto più dannosa di cormorani e svassi». Il predatore si trova nei fiumi della Pianura Padana e, secondo gli esperti, «è stato portato appositamente nelle nostre acque, perché dal Po al lago di Garlate, dove è avvenuta la prima cattura, ci sono cinque sbarramenti, alti più di dieci metri, quindi è impossibile una risalita naturale».
La voracità del pesce siluro non va mai in ferie: «Va a caccia di prede per tutto l’anno - spiega Gatti -: se non dovessimo catturare tutti gli esemplari, che possono arrivare a un peso di 90 chili, ci potrebbero essere danni irreparabili alla fauna ittica dei nostri laghi». Ma la preoccupazione non si ferma al Silurus : «Qui - conclude Airoldi - dobbiamo ricostrire una cultura: oltre al pesce siluro, arrecano gravi danni anche quelle persone che dalle rive di laghi e fiumi gettano pane o alimenti vari a cigni e anatre: questi ultimi mangiano le uova dei pesci e vanificano la riproduzione delle specie nostrane».
Angelo Panzeri


L’ESPERTO In acqua non ha avversari L’uomo è il suo nemico
Quasi avesse deciso di ritornare nelle acque dove è iniziata la sua avventura ittiologica in Italia, il siluro (Silurus glanis), segnalato per la prima volta negli anni ’50 del Novecento nell’Adda presso Lecco, dopo aver conquistato l’asta del Po, è tornato nel Lago di Como. La notizia, per i nostri ittiologi e per quelli dell’Aiiad (Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci) in particolare, non è buona. Questa specie esotica è un vero flagello per le nostre acque nonostante qualcuno tenti di farlo passare per una preziosa risorsa. Tutti gli studi sin qui condotti per valutare l’impatto di questo pesce, che cresce rapidamente potendo raggiungere in una decina di anni i 2 m di lunghezza e i 100 kg di peso, sulla fauna ittica hanno dato un verdetto negativo e i motivi sono ben noti. Il siluro nelle nostre acque non ha competitori o specie che ne possano controllare la diffusione, a eccezione dell’uomo. Ogni femmina può arrivare a deporre 20.000- 30.000 uova per chilogrammo di peso e il periodo riproduttivo può durare anche parecchi mesi se le condizioni termiche dell’acqua si dimostrano favorevoli, e cioè non inferiori ai 20 °C. In anni in cui si parla tanto di riscaldamento, è facile intuire chi finirebbe per essere favorito. Inoltre, questa specie ha cure parentali e di conseguenza anche gli eventuali predatori dei piccoli siluri non hanno vita facile, costretti come sono a fare i conti con i genitori. Ovunque il siluro sta alterando la comunità ittica che lo circonda. Una volta superati i 30 cm, il siluro si ciba esclusivamente di pesci, in particolare ciprinidi, ma solo perché sono i più abbondanti. Logico attendersi che, una volta raggiunte le acque del Lario, il siluro non le abbandonerà più, di certo non spontaneamente. Difficile ipotizzare il suo impatto, ma è prevedibile un decremento a carico delle specie nostrane che potrà essere limitato solo con una lotta senza quartiere a questo pesce che non deve
essere demonizzato o considerato

un mostro acquatico, ma gestito, questo

sicuramente sì.
*Biologo ricercatore
dell’Acquario di Milano