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Segnalazioni : Tutte Le News Varie " Settembre 2006 "

  • Messaggi
  • lorette
    00 28/06/2005 14:59
    Guerre Stellari e il cinema digitale


    Impressioni e dati tecnici sulla tecnologia di proiezione digitale adottata dai cinema più aggiornati. Il futuro è nitido e stabile

    [ News - 27-06-2005]





    Così nitido e stabile da dar quasi fastidio. Questa è la prima impressione avuta assistendo alla proiezione digitale di Episodio III - La vendetta dei Sith al cinema Arcadia di Melzo, uno dei più moderni d'Italia.

    La scelta del film non è casuale: a parte la mia quasi trentennale militanza tra i fan della saga creata da George Lucas, Episodio III è il banco di prova ideale per valutare questa nuova tecnologia perché è realizzato interamente in digitale. Infatti mentre molti film attualmente presentati tramite proiettori digitali sono prima ripresi su pellicola tradizionale e poi digitalizzati, il film di Lucas è stato girato direttamente con telecamere digitali e montato digitalmente, senza alcuna fase analogica.

    Il risultato è francamente impressionante. Nessun problema di nitidezza simile a quello che affligge buona parte dei videoproiettori: non si distingue nemmeno un pixel e non c'è aliasing neppure nelle celebri sequenze dei titoli iniziali. Nessun problema di compressione: il nero dello spazio è rigorosamente nero, le stelle sono punti brillanti come nelle proiezioni in 70 mm analogiche di 2001: odissea nello spazio che fecero epoca negli anni Settanta.

    La ricchezza dei colori è vasta ed equilibrata, senza quei colori lividi o troppo saturi tipici di molte immagini digitali. La pelle degli attori è resa con una naturalezza e un dettaglio eccezionali: in alcune scene si nota persino la pelle d'oca di Natalie Portman (tanto che è stato necessario cancellare digitalmente le pulsazioni delle vene in una scena).

    Ma quello che colpisce di più è la stabilità dell'immagine. C'è chi è più sensibile di altri a questo aspetto e magari non ci avete mai fatto caso, ma nelle proiezioni su pellicola l'immagine tremola (eccezion fatta per l'IMAX): per motivi di precisione meccanica, un fotogramma non viene mai proiettato esattamente a registro con il precedente, per cui l'immagine ne risulta leggermente instabile e sgranata. Con la proiezione digitale questo non succede: è come se venisse tolto un velo e pare di stare alla finestra invece di guardare uno schermo.

    Questo salto di qualità eccezionale è ottenuto con hardware di tutto rispetto. Non si tratta certo di un buon lettore DVD collegato a un buon videoproiettore. Se ci provaste, vi accorgereste che il DVD, che sembra così nitido, ha invece gravi problemi di risoluzione e di compressione, accettabili su un televisore normale ma intollerabili su schermi anche di poco più grandi.

    Il file video di Episodio III, infatti, è un bestione da 80 gigabyte e ha una risoluzione di 2048x1080 pixel. I proiettori digitali da cinema sono in grado di visualizzare 35 miliardi di colori. Immaginate due monitor per computer messi uno in fianco all'altro e una foto che li copre entrambi, e avrete un'idea della qualità dell'immagine. E le aziende che producono hardware per proiezione digitale si stanno già preparando a raddoppiare questa risoluzione.

    A parte l'inevitabile fascino del digitale per chi si occupa d'informatica, la proiezione senza pellicola ha un vantaggio molto importante anche per l'economia e la cultura: riduce i costi di distribuzione, permettendo anche a film a basso budget di circolare in un numero elevato di sale.

    Attualmente, infatti, la duplicazione analogica della pellicola assorbe una quota non trascurabile delle spese di produzione (in media si tirano circa 12.000 copie di un film importante), alla quale si aggiungono poi le spese di manutenzione delle singole "pizze", che si degradano e si rompono. Con la distribuzione digitale, invece, la duplicazione ha un costo irrisorio ed è addirittura possibile la distribuzione via satellite o via Internet. Si stima che la conversione al digitale farebbe risparmiare all'industria del cinema circa 750 milioni di dollari.

    Purtroppo la conversione non è a buon mercato: un proiettore digitale costa il doppio di uno tradizionale, e in un certo senso la migrazione al digitale è osteggiata dalle major proprio perché è troppo "democratica": mentre con il sistema attuale soltanto le grandi case di produzione possono permettersi di distribuire molte copie di un film e quindi fare incassi stratosferici nel primo fine settimana di proiezione, con il digitale questa possibilità si apre anche agli operatori più piccoli.

    Tuttavia la qualità del digitale può essere un buon incentivo per far tornare gli spettatori al cinema (anche per un film a mio avviso poco riuscito come Episodio III), perché offre un'esperienza impossibile da duplicare con l'hardware domestico. Almeno per ora.




  • lorette
    00 28/06/2005 15:04
    1 euro per la ricarica dei cellulari

    L'Authority vuole abbassare le tariffe da fisso a mobile ma il vero nodo è ridurre la commissione della ricarica.

    [ News - 28-06-2005]




    L'Authority per le Comunicazioni vuole ridurre il costo delle tariffe da fisso a mobile anche in corenza rispetto a quanto ha annunciato il suo neoPresidente Calabrò in occassione del suo insediamento: ridurre il costo della telefonia in un momento in cui il costo della vita pesa troppo sui bilanci familiari.

    Oggi il costo delle telefonate da fisso a mobile è di circa 30 centesimi di euro, se dirette a Wind e H3G, e di circa 22 centesimi di euro, se dirette verso Tim o Vodafone. In tutti i casi bisogna aggiungere lo scatto alla risposta. In pratica un minuto di conversazione costa circa da 550 a 1000 delle vecchie lire: troppo! Dopo le 18.30 però tutte le chiamate da fisso verso qualsiasi gestore hanno lo stesso costo e, per questo, l'associazione Adiconsum ha segnato l'anomalia all'Antitrust perché verifichi se ci sia un cartello tra i gestori.

    Dopo aver ascoltato le obiezioni dei gestori, soprattutto Telecom Italia, vedremo di quanto sarà effettivamente lo sconto che l'Authority costringerà a praticare.

    Per l'Adiconsum, però non basta: bisogna ridurre il costo delle commissioni per le ricariche. Oggi tutti i gestori fanno pagare una commissione di 5 euro per importi superiori ai 25 euro, e di 1 euro per le ricariche da 3 euro (il 33%). Secondo l'Adiconsum il prezzo della commissione per la ricarica non dovrebbe superare 1 euro, quale che sia l'importo della ricarica.

  • lorette
    00 28/06/2005 15:13
    Una proposta di legge contro i brevetti software

    Nei prossimi giorni si raccoglieranno le firme per tutelare i cosidetti "beni comuni", tra cui il software.



    Il 24 Giugno è stata depositata presso la Corte di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare, per cui nei prossimi giorni partirà la raccolta delle almeno 50.000 firme necessarie e richieste dalla Costituzione, per la tutela e la valorizzazione dei beni comuni.

    Per beni comuni si intendono quelli di tipo tradizionale come l'acqua, l'aria, le terre e quelli di nuova generazione come i programmi informatici, la sicurezza alimentare, l'istruzione. La proposta di legge è disponibile sul sito di una delle organizzazioni promotrici dell'iniziativa popolare: il Forum Ambientalista, insieme ad altri come Attac Italia, Legambiente, le Rdb, l'Arci, la rivista "Quale Stato" della Cgil, Rifondazione Comunista.

    Con questa legge si propone una gestione partecipata dei beni comuni, in una forma nè statale ma privata ma collettiva. Citiamo i due articoli della proposta di legge che riguadano gli algoritmi informatici e le scoperte scientifiche e il software.

    Art. 11 Disposizioni relative alle scoperte scientifiche
    Fermo restando quanto disposto dall'art. 7, non possono essere oggetto di brevetto:

    a) le formule matematiche

    gli algoritmi informatici

    c) gli elementi chimici artificiali

    d) i procedimenti logici di ogni tipo

    Le formule dei composti chimici possono essere sottoposte a brevetto non più che quinquennale, e in ogni caso devono essere pubbliche in ogni forma. Deve essere pubblico anche il procedimento di sintesi del composto.

    Il governo è delegato ad emanare, entro 60 giorni dall'approvazione della presente legge, un decreto legislativo di modifica delle attuali norme in materia che preveda anche tempi e modalità di revisione dei trattati internazionali in materia.

    Art. 12 Disposizioni particolari relative ai programmi informatici

    I programmi informatici non possono in nessun caso e sotto nessuna forma essere sottoposti a brevetto.



    Fatti salvi tutti gli altri diritti, il codice sorgente dei programmi informatici deve essere pubblico. Il codice sorgente deve essere allegato al programma in forma eseguibile, ovvero devono essere indicate nella documentazione del programma stesso le modalità per ottenere il codice sorgente.

    La Repubblica tutela e promuove il «software libero», rilasciato sotto la licenza commerciale GPL o altre licenze equivalenti, e ne riconosce il valore scientifico e sociale.

    Per licenze equivalenti alla GPL si intendono tutte quelle licenze che permettono: a) l'uso senza limitazioni del programma; la disponibilità del codice sorgente; c) la possibilità di modificare il codice sorgente, di utilizzare il programma così modificato, e di ridistribuire la versione modificata del programma senza oneri verso l'autore originale o altri titolari di diritti.

  • lorette
    00 29/06/2005 11:55
    WebStrike contro i brevetti software


    Un invito a opporsi alla direttiva europea sotituendo l'home page del proprio sito.


    [ News - 29-06-2005]


    La Foundation for a Free Information Infrastructure (FFII) fa sul serio e a poco più di una settimana dal voto sulla direttiva europea riguardante i brevetti software incita a serrare le fila e a dare il proprio contributo alla causa partecipando a un WebStrike.

    In pratica tutti i possessori di un sito web o blog sono invitati a "chiudere temporaneamente i battenti" e a sostituire la propria home page con un index.html creato apposta dalla FFII per informare sulla pericolosità di un'eventuale approvazione della direttiva sui brevetti. Il WebStrike dovrebbe durare fino al 6 luglio, giorno in cui presumibilmente il parlamento Europeo sarà chiamato a votare sulla direttiva.

    Chi non volesse adottare metodi così drastici come la chiusura del propio sito web potrà comunque dimostrare la propria opposizione alla direttiva inserendo una text box informativa o un banner.

    L'index.html della FFII, la text box e il banner sono scaricabili all'indirizzo: patinfo.ffii.org/material/webdemo-2005/

  • lorette
    00 29/06/2005 12:11
    Terrorismo, la paura delle ombre contagia gli analisti

    L'allarme per i voli di linea dovuto a un'errata analisi: sembrava che ci fossero messaggi nascosti nei titoli di Al Jazeera.

    [ News - 29-06-2005]





    Il logo di Al Jazeera Ricordate l'ondata di voli annullati intorno a Natale 2003 a causa di "credibili fonti" che preannunciavano attacchi terroristici verso gli USA? Fu panico generale. Ora salta fuori che le fonti non erano affatto credibili.

    Secondo un'indagine pubblicata dalla NBC, la "fonte credibile" era un'analisi "bizzarra, unica, non ortodossa e senza precedenti" degli esperti di cifratura della CIA, che pensavano di aver trovato numerosi messaggi segreti di Al Qaeda nascosti nel crawl (i titoli che scorrono in sovrimpressione, tipici di molti telegiornali) del canale Al Jazeera. Messaggi nascosti, a loro dire, tramite una tecnica ben conosciuta: la steganografia, ossia l'arte di nascondere un messaggio segreto all'interno di un messaggio dall'aria assolutamente innocua (per esempio, un segreto d'amore nel tag di un brano musicale in formato MP3), in modo che nessuno ne sospetti l'esistenza.

    Gli espertissimi della CIA avrebbero trovato, sparsi qua e là nei titoli, dei numeri che indicavano attacchi imminenti: formavano date, numeri di voli e coordinate geografiche di bersagli fra i quali figuravano la Casa Bianca, lo Space Needle di Seattle e la cittadina di Tappahanock, in Virginia. L'allarme fu portato all'attenzione del presidente Bush.

    Ora io non pretendo di essere un mago della crittanalisi, ma persino nella mia beata ignoranza di semplice studioso so che qualsiasi sequenza casuale di numeri può essere interpretata in modo da darle qualsiasi significato: basta che sia sufficientemente lunga e basta ignorare le parti che non corrispondono a ciò che riteniamo significativo.

    Gli appassionati di misteri riconosceranno in questo fenomeno la spiegazione del cosiddetto "codice della Bibbia": la teoria secondo la quale è sufficiente prendere, per esempio, ogni terza lettera della Bibbia per trovare nella sequenza risultante i nomi di personaggi storici che non esistevano all'epoca della scrittura del testo sacro. Questo, secondo alcuni, proverebbe la natura soprannaturale della Bibbia. E' interessante notare che la medesima analisi, condotta per esempio sul Moby Dick, produce esattamente gli stessi risultati.

    Il fatto che si trattasse soltanto di numeri e non di parole, e che fra i "bersagli" vi fossero posti assolutamente privi di significato politico-terroristico come Tappahanock, non ha fatto accendere nessuna lampadina. O meglio, non ne ha fatte accendere abbastanza. Tom Ridge, l'allora segretario per la sicurezza nazionale, dichiara anzi che "forse è proprio per questo che uno se ne preoccupa: perché non l'ha mai visto prima", anche se personalmente ammette di essersi chiesto "se era credibile o meno". Secondo la NBC, inoltre, non era il solo a dubitare.

    C'erano anche altri fattori nell'allarme, ma puramente contestuali, dice Ridge: alcune segnalazioni di intelligence e un attacco terroristico in Arabia Saudita nello stesso periodo). Ma le perplessità furono comunque messe da parte e si diramò l'allerta generale, con tutti i disagi che ne conseguirono.

    La steganografia e la decodifica dei suoi messaggi segreti, la steganalisi, sono branche rispettabilissime della scienza della comunicazione riservata, ma vanno gestite comprendendone i limiti. L'analisi steganografica genera inevitabilmente molti "falsi positivi", ossia trova "messaggi" dove non ce ne sono. Se non si tiene conto di questo fatto, si rischia di gridare "al lupo, al lupo" senza motivi fondati.

    Con analisti di questo genere, chi ha bisogno dei terroristi? Bastano i danni e il panico seminati dai loro allarmi basati sul nulla e sull'incompetenza e stimolati dalla sindrome del "non si sa mai" cara alla propagazione di tante altre bufale.

    Speriamo che dopo questa figuraccia si sia tutti un po' più cauti prima di vedere pericoli in ogni ombra che si muove e di annunciare che i terroristi comunicano nascondendo messaggi nelle immagini porno. Teoria molto adatta per far colpo sui giornalisti, ma finora basata sul nulla.

  • lorette
    00 30/06/2005 22:31
    Longhorn supporterà RSS

    sistema di distribuzione contenuti utilizzato nei blog piace a Microsoft ma porta con sè il pericolo di nuove minacce virali.

    [ News - 30-06-2005]


    Il nuovo mantra degli sviluppatori Microsoft all'opera su Longhorn è "RSS per tutti". La Really Simple Syndication my webpage]è vista come la tecnologia che rivoluzionerà il modo di distribuire contenuti su Internet e il nuovo sistema operativo di Bill Gates la supporterà nativamente. Non solo il nuovo Internet Explorer 7 avrà un feed reader integrato ma tutto il sistema operativo e le applicazioni operanti al suo interno attingeranno a un'unica lista di feed sottoscritti. Microsoft punta talmente su RSS da aver introdotto una miglioria alle liste in XML utilizzate da RSS chiamata Simple List Extensions my webpage rilasciandone le specifiche sotto una licenza opensource come la Creative Commons di tipo Attribution Share-Alike permettendo a chi voglia di utilizzare e addirittura modificare la propria tecnologia.

    L'implementazione di RSS in LonghornMy my webpage avrà tre caratteristiche:

    Common RSS Feed List. Il feed RSS sottoscritto per esempio con Internet Explorer sarà disponibile anche da tutte le applicazioni con integrato un feed reader
    Common RSS Data Store tutti i file scaricati attraverso RSS, incluso testo, musica, immagini, saranno archiviati un un'unica directory a cui ogni applicazione potrà accedere.
    RSS Platform Sync Engine questa caratteristica permetterà lo scaricamento automatico di dati e file utilizzabili da qualsiasi applicazione predisposta a RSS sfruttando i momenti in cui non si ha bisogno di sfruttare la propria connessione a pieno regime (idle network bandwidth).
    Proprio quest'ultima caratteristica spinge a riflettere su un possibile pericolo futuro nascosto in RSS e cioè l'enclosure. In pratica il feed RSS è un file XML composto quindi da testo ma è tuttavia possibile inserire dei file all'interno indicandone l'url, il peso e il tipo, una sorta di allegato tanto per capirci (i puristi non me ne vogliano per la rozzezza della spiegazione). Per ora il metodo più usato è sfruttare l'enclosure per inserire in un feed RSS dei file MP3 (il cosiddetto podcasting) o addirittura dei file video. Ma nulla vieta di inserire dei file .exe assolutamente dannosi per un sistema Windows. Il fatto che in Longhorn ci sia la sopracitata RSS Platform Sync Engine che scarica in automatico i feed sottoscritti mette la pulce nell'orecchio su quali scenari futuri si possano presentare. Ipotizziamo il caso in cui un feed RSS sottoscritto con la nostra volontà abbia come enclosure un virus che automaticamente viene scaricato sul nostro computer grazie alla "feature" di Longhorn.
    A Microsoft sembrano essere stati previdenti e hanno già previsto una contromisura chiamata Attachment Execute Services (AES), un servizio presente in Longhorn che mantiene una lista di file che devono essere automaticamente bloccati come appunto gli eseguibili. Tutto a posto si potrebbe pensare. Sulla carta pare proprio di si, ma c'è da scommettere che presto i virus writer cominceranno a guardare con interesse RSS come il prossimo cavallo di Troia di Longhorn e in generale come un vettore dei prossimi attacchi ai sistemi operativi.

    Virus e spam potrebbero migrare dalle nostre caselle di posta ai nostri feed reader.



  • lorette
    00 30/06/2005 22:35
    Analisti indipendenti in Cina

    Sembra che anche in Cina, tutto sommato, Linux costi di più. Perché allora cresce tanto?

    [ News - 30-06-2005]




    Microsoft riesce a esportare "Get the Facts" in CinaSorpresa: l'occidente decadente riesce ad esportare qualcosa nella Cina aggressiva e dinamica. Non si tratta di beni e servizi ad alto valore aggiunto, purtroppo, ma di deliranti ricerche tipo "Get the Facts".

    Secondo China View, una nuova ricerca ha evidenziato che Linux incorre in un più alto costo totale di proprietà (total costs of ownership - TCO) rispetto alla piattaforma rivale Windows. Questo fatto dovrebbe rallentare l'utilizzo di Linux.

    La società CCW di Pechino, autrice della ricerca, non si auto-proclama indipendente. Forse non lo fa per pudore: sarebbe ridicolo, dato l'andazzo politico da quelle parti, in tema di indipendenza e libertà di opinione.

    Un ambiente di sviluppo immaturo e la carenza di sistemisti Linux in Cina sono considerati i fattori del maggiore TCO del pinguino sui server, sostiene la CCW.

    Ovviamente, all'interno dei costi del software non va calcolato solo il costo della licenza, ma anche quello di manutenzione, il costo dell'upgrade e il tempo di inattività. "È vero che gli operatori pagano un costo di acquisto più basso per Linux," si legge nella ricerca, "ma Linux richiede costi molto più alti di Windows in molte applicazioni server."

    Un'occhiata ai numeri: sui server database, il TCO di Linux è il 41,3 per cento più alto di Windows. Sui server di posta è più alto dell'11,8 per cento. Sui server di rete, il TCO delle due piattaforme è più o meno uguale. Linux fa risparmiare, ma poco, soltanto sui server web (8,3 per cento su Windows).

    Quei poveri operatori che hanno scelto il pinguino si trovano a dover pagare montagne di denaro per lo sviluppo interno e la manutenzione di Linux, cosa a cui non sono abituati. "Devono pagare di più per il supporto tecnico se vogliono dare la stabilità ai loro sistemi Linux. E devono spendere parecchio pure in formazione", continua la ricerca.

    E il futuro non è roseo: le università producono pochi sistemisti Linux, tanto che i compensi per questi sono del venti per cento superiori a quelli dei loro colleghi Windows.

    Ma anche un'analisi squinternata deve affrontare la realtà: "Il mercato di Linux in Cina crescerà del 35 per cento quest'anno", segno che gli imprenditori cinesi sono dei pazzi, oppure che qualcuno non ci sta raccontando la verità.


    <body>


    </body>

    [Modificato da lorette 30/06/2005 22.36]

  • lorette
    00 04/07/2005 11:16
    Lavoratori contro l'outsourcing


    Telecom Italia continua la
    sua politicadi esternalizzazione di attività
    e che incontra la sempre maggiore
    resistenza dei lavoratori.

    [ News - 03-07-2005]


    A Milano l'8 Luglio sciopereranno per l'intera giornata i lavoratori della Telepost, la società costituita da Telecom Italia, insieme a TNT Mail e ad altri partner, per gestire i suo servizi postali e di gestione documenti.

    Si tratta di un'azienda a cui Telecom Italia ha ceduto 150 dipendenti costretti a lasciarla, in base all'art. 2112 del Codice Civile sulle cessioni di ramo d'azienda e che, secondo le intenzioni di Telecom Italia, avrebbe dovuto oltre a servire le esigenze del Gruppo Telecom offrire servizi analoghi sul mercato, cosa che in due anni circa non è ancora avvenuta.

    Questi lavoratori buttati fuori da Telecom Italia hanno perso numerosi diritti contrattuali e da qualche tempo la direzione Telepost ha cominciato una politica repressiva nei confronti del personale, rimuovendo gli stessi responsabili delle sedi territoriali e prendendo provvedimenti disciplinari contro altri responsabili, colpevoli, secondo il management, di avere la mano leggera con il personale.

    Telecom Italia continua, però, con la politica delle esternalizzazioni: ha creato una struttura interna con il compito di gestire parcheggi, portinerie, corrispondenza, dove sta trasferendo molti lavoratori non idonei al videoterminale, per motivi di salute, una struttura che, da un momento all'altro, potrebbe essere ceduta a società esterne che già curano la reception, così come, qualche tempo fa, si voleva fare con gli stessi Centralini Telecom Italia, decisione, al momento, accantonata.

    Per modificare ed impedire a Telecom Italia questo modo surrettizio e subdolo di ridurre il personale, evitando le scelte impopolari dei licenziamenti, non giustificabili per un Gruppo che macina miliardi di euro di utili, il sito Esternalizzati, un sito messo on line ed autogestito da lavoratori esternalizzati da Telecom Italia, lancia un appello, sottoscrivibile on line, per chiedere la modifica dell'art.2112 del Codice Civile, che permette l'outsourcing selvaggio e, più in generale, una modifica dell'attuale legislazione sul lavoro flessibile.

  • lorette
    00 06/07/2005 15:55
    Telefonini sugli aerei? Solo SMS, grazie!


    Le compagnie aeree si preparano ad attrezzarsi per consentire l'uso dei cellulari in volo, ma un sondaggio indica che i passeggeri sono meno entusiasti del previsto



    Alcuni passeggeri potrebbero non gradire
    le chiacchiere del vicino di posto



    Secondo un sondaggio condotto da IDC, l'idea di usare il telefonino a bordo degli aerei piace poco se si tratta di consentire chiamate vocali. Gli SMS, invece, sarebbero molto più tollerati.

    Assodato che i telefonini non faranno cadere gli aeroplani (se così fosse, i terroristi avrebbero il gioco assai facile accendendoli tutti insieme durante il volo), sembra che la principale preoccupazione derivante da un'eventuale eliminazione del divieto di usare cellulari a bordo sia l'immensa scocciatura di avere il vicino di posto che blatera. Secondo Electric News, soltanto l'11% dei 50.000 intervistati nei vari paesi del mondo sarebbe favorevole a consentire le telefonate in volo.


    Le cose cambiano drasticamente per i servizi SMS, graditi dal 64% degli intervistati e ritenuti l'attività più popolare fra le varie opzioni wireless, secondo il sondaggio IDC.

    Sulla base del criterio "approvo se non mi rompe" che sembra emergere dal sondaggio, anche la trasmissione dati (GPRS e simili) sarebbe accettata di buon grado, per cui chi vola con il laptop e un cellulare abilitato alla trasmissione dati potrebbe trovarsi presto a scambiare e-mail e navigare in Rete anche durante le ore di volo. Tuttavia c'è il rischio che qualcuno usi la trasmissione dati anche per attività più rumorose e quindi fastidiose, come per esempio usare Skype per fare chiamate a voce.

    La spinta economica è forte: le compagnie aeree ritengono che i passeggeri sarebbero disposti a pagare un supplemento per poter usare il cellulare, anche solo per mandare SMS, mentre sono in volo, e che soprattutto la clientela business apprezzerebbe moltissimo l'idea di non essere più offline per le lunghe ore di un volo transoceanico. Ericsson ha già annunciato un sistema per la telefonia mobile in volo che non interferisce con gli strumenti di bordo e con le reti cellulari terrestri e consente fino a 60 telefonate GSM simultanee.

  • lorette
    00 06/07/2005 16:01
    Quello che non fanno i concorrenti di Telecom
    Telecom Italia sempre più in difficoltà nel garantire livelli adeguati di efficienza per il servizio guasti della clientela business ma la concorrenza non si muove.


    [ News - 06-07-2005]


    Se c'è un buco nero, sempre più nero, sempre più largo, nell'offerta dei servizi di Telecom Italia, è quello rappresentato dal 191, il servizio assistenza clienti business e, in particolare, il 191/2, cioè l'assistenza tecnica per la riparazione dei guasti.


    Sempre più attese nel chiamare, sempre più attese nella riparazione dei guasti, tempi mai rispettati rispetto a quello che ha promesso l'operatore, guasti chiusi sulla carta ma solo per evitare di farli apparire troppo lunghi, fino a 5-6 giorni.

    Più ancora delle attese e delle anomalie dell'187, magari per servizi innovativi come l'Adsl, lo scandalo maggiore di Telecom Italia sembra essere proprio il cattivo funzionamento del 191, sempre più insopportabile per negozi, studi professionali, piccole e medie aziende che di telefono e con il telefono ci vivono, per cui stare fermi con il telefono significa perdere affari, clienti, soldi, in una situazione economica che sappiamo essere sempre meno rosea.

    L'utenza consumer o residenziale può "sopportare" attese più lunghe nella riparazione di un guasto e sopravvivere con i telefonini, e la grande azienda ha contratti particolari che obbligano Telecom Italia ad assicurare prestazioni di qualità. Ma per la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese, il tessuto prevalente e vitale del nostro Paese e della sua economia, sopravvivere alle inefficienze del servizio di riparazione guasti telefonici e dell'Adsl Smart è una delle sfide sempre più difficili e, complessivamente, rischia di essere questa una palla al piede per l'intero Paese.

    C'è sempre meno personale in servizio e sempre meno personale esperto, a causa di esodi "agevolati" che da anni falcidiano gli organici dei reparti tecnici, rapporti con imprese esterne non sempre improntati a criteri diversi dal solo contenimento dei costi.

    Tutto questo si traduce in un degrado della qualità, soprattutto in riferimento a una clientela come quella business che, a differenza della residenziale, più che di basse tariffe ha bisogno della continuità e della qualità dei servizi di telecomunicazioni per non essere tagliata fuori dal mondo, come può accadere ad un'azienda il cui telefono si guasta il venerdì e non si riesca a ripararlo prima di martedì o mercoledì della settimana successiva.

    Si apre un grande spazio che una concorrenza agguerrita e valida a Telecom Italia potrebbe occupare con successo, garantendo tempi certi e rapidi di riparazione; ma sembra che nessuno dei tanti concorrenti voglia e possa coprire questo spazio.

    Sembra che il destino dei concorrenti sia solo quello di rivendere agli utenti traffico e connessioni Adsl comprate all'ingrosso dalla stessa Telecom, al cui servizio di assistenza tecnica si appoggiano gli stessi concorrenti a partire da Wind (tranne Fastweb che, per ora, è assente da gran parte del Paese, dove opera la maggior parte delle piccole e medie imprese).

  • lorette
    00 07/07/2005 07:51
    Il software non puo' essere brevettato


    Con una larghissima maggioranza il Parlamento Europeo respinge la direttiva sui brevetti software. E' la terza bocciatura, stavolta definitiva.

    [ News - 07-07-2005]





    Il Parlamento Europeo ha respinto la direttiva sulla brevettabilita' del software, con una maggioranza schiacciante di 648 voti favorevoli contro 14 contrari (18 gli astenuti). E' una grande vittoria per chi si era battuto contro questa legge, in primo luogo gli sviluppatori open source. Per le grandi case software invece si tratte di una sonora sconfitta.

    Per un eventuale riesame, la discussione dovrebbe ripartire da zero, ma ci sono segnali che lasciano pensare che questo non succedera': la Commissione incaricata ha dichiarato che per ora non presentera' altre proposte. La pressione delle lobby (la più forte quella di Microsoft) ha spinto moltissimo ma non è riuscita nel suo intento: la maggioranza trasversale, da destra a sinistra, è stata larghissima.

    Positive le prime reazioni da parte della Foundation for a Free Information Infrastructure, l'organizzazione che si era mobilitata con un webstrike mondiale.

    Soddisfazione anche da Red Hat e Sun, azienda quest'ultima che con una serie di iniziative, non ultimo il rilascio di Open Solaris, sta cercando di accattivarsi la comunita' open source.

    La proposta di brevettabilità per il software era stata avanzata già dalla Commissione Prodi, in concerto con il Consiglio della Ue (la conferenza dei capi dei governi); ma tale proposta ha incontrato la ferma opposizione degli ambienti dell'open source di tutta Europa, con una mobilitazione molto forte in Italia e anche la resistenza di Paesi come la Polonia e la Lituania.

    Dal punto di vista politico si tratta della prima importante affermazione del mondo dell'open source. E' anche una vittoria del Parlamento Europeo, democraticamente legittimato, sulla volontà dei governi nazionali e della Commissione europea e della tecnocrazia che la supporta.

    I parlamentari europei, dopo le bocciature sonore dei referendum francese e olandese, hanno voluto dimostrare che l'Europa non è il regno delle lobby e un'istituzione lontana dai suoi cittadini, ma è capace di esprimere un modello sociale originale e differente dal modello americano.



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  • lorette
    00 08/07/2005 08:06
    Malachia prevede due soli altri papi,
    poi la fine del mondo
    Un documento scoperto nel Cinquecento
    elenca i papi fino alla fine del mondo,
    e l'elenco è quasi esaurito




    Inevitabilmente, con la morte di Giovanni Paolo II i giornalisti si sono scatenati alla ricerca di materiale da pubblicare e di qualcosa da dire durante i giorni di diretta non-stop. Ma anche per una figura eccezionale come quella del Papa c'è un limite alla quantità di notizie davvero significative che si possono comunicare, e quindi prima o poi si scade nel pettegolezzo e nella diceria, e così saltano fuori puntualmente i profetologi papali di cui Intenet è piena.

    Uno dei cavalli di battaglia di questi "esperti" di profezie e dei loro siti è San Malachia, monaco cistercense vissuto tra il 1094 e 1148, che avrebbe lasciato una profezia, rimasta sepolta negli Archivi Romani fino alla sua scoperta nel 1590, nella quale enumera i papi e ne prevede soltanto altri due dopo Papa Giovanni Paolo II. A quel punto, secondo la profezia, Roma verrà distrutta e secondo alcune interpretazioni avverrà la fine del mondo.
    Ma andiamo a vedere cos'è in concreto la cosiddetta Profezia sui Papi. Elenca 112 pontefici, da Celestino II (contemporaneo di Malachia) fino alla fine del mondo, ma non ne fa nome e cognome: li indica mediante un breve motto in latino.

    Il documento è considerato falso anche da molte fonti ecclesiastiche perché è molto dubbia l'autenticità della sua datazione. Il fatto che per quattrocento anni nessuno ne parli, compreso San Bernardo, che scrisse la Vita di San Malachia, è molto sospetto. Anche il fatto che l'elenco include degli antipapi sembrerebbe porre dubbi sull'autenticità del documento.

    Un altro indizio a sfavore dell'autenticità è che i motti si adattano con precisione ai rispettivi papi fino al quindicesimo secolo, ma successivamente diventano "calzanti" soltanto con un notevole sforzo creativo. Questa drastica differenza di precisione potrebbe essere spiegata senza ricorrere a facoltà mistiche, ma ipotizzando più semplicemente che il documento sia stato scritto intorno al quindicesimo secolo, potendo quindi beneficiare della straordinaria chiaroveggenza tipica di chi scrive dopo che gli eventi "previsti" sono già avvenuti.

    Per esempio, prendiamo alcuni dei primi della lista, tutti molto calzanti: Eugenio III è Ex magnitudine montis, ossia "dalla grandezza del monte", e questo papa era nato nel castello di Grammont e il suo cognome era Montemagno; Gregorio IX è Avis Ostiensis ("uccello di Ostia"), e questo papa fu cardinale di Ostia; Urbano IV è Hierusalem Campaniae ("Gerusalemme della Champagne") e nacque a Troyes, nella regione dello Champagne oltre a essere patriarca di Gerusalemme. Coincidenze impressionanti.

    Anche andando avanti di un paio di secoli, troviamo per esempio Callisto III (1455-1458), identificato con precisione dal motto Bos pascens ("bue al pascolo"). E lo stemma di Alfonso Borgia recava un bue dorato che pascola.

    In tempi più recenti, invece, le spiegazioni dei motti da parte dei profetologi diventano più "arrampicate": Giovanni XXIII ha il motto Pastor et Nauta ("pastore e marinaio"), spiegato con il fatto che "fu patriarca di Venezia e viaggiò molto". Paolo VI è Flos florum ("fiore dei fiori"), ed aveva tre gigli nel suo stemma.

    Il caso più celebre della profezia di Malachia riguarda Giovanni Paolo I, il cui motto De medietate lunae ("della metà della luna"), sembra aver previsto in modo impressionante il suo brevissimo pontificato, che durò poco più di un mese lunare e iniziò e terminò quando la luna era visibile a metà. Tuttavia, considerato che la luna è al primo quarto o all'ultimo quarto due volte ogni mese, è abbastanza facile che in qualsiasi pontificato succeda qualcosa di significativo quando la luna è in queste fasi.

    Il motto attribuito da San Malachia a Giovanni Paolo II, De labore solis ("della fatica del sole"), sarebbe un riferimento alla sua instancabile attività, o al fatto che abbia viaggiato intorno al mondo come il sole, ma potrebbe anche essere un riferimento alla sua nascita in un giorno in cui si verificò un'eclissi di sole (non visibile nel luogo di nascita).

    Una prima parte dei motti, insomma, contiene indicazioni precise, spesso anche geografiche, e chiaramente attinenti a uno specifico papa. La parte successiva, invece, ricorre a espressioni vaghe e intercambiabili. Se volete approfondire il confronto, una lista completa e commentata dei motti è reperibile in Rete per esempio presso Misteromania.

    Come controprova di questa vaghezza, provate a scambiare papi e rispettive profezie: troverete che in quelle recenti c'è sempre qualche "spiegazione" che consente di farle calzare. Questo è un fenomeno tipico delle profezie di qualsiasi origine, religiosa o meno: si prende una frase vaga, la si confronta con un gran numero di eventi e fatti come quelli che costituiscono la vita di una persona, e alla fine, magari scavando un po' e usando una buona dose d'inventiva, sicuramente qualche nesso lo si trova.

    Per esempio, la Religio depopulata andrebbe benissimo anche per molti altri papi del ventesimo secolo, perché potrebbe indicare il diffondersi dell'ateismo o di altre religioni; tutti i papi sono pastor et nauta, ossia pastori (del proprio gregge) e marinai (conducono la nave della fede); qualunque papa avrà una fides intrepida, e ogni papa è un flos florum perché è un cardinale scelto dai cardinali (un fiore tra i fiori).

    Questa intercambiabilità, tuttavia, vale molto più per i papi recenti che per quelli più antichi, e il confine fra profezie precise e profezie vaghe si trova guarda caso intorno alla data del ritrovamento del documento attribuito a San Malachia.

    Comunque sia, San Malachia (o chi per lui) dice cose piuttosto inquietanti a proposito del nostro futuro, ed è per questo oggetto di molto interesse da parte degli appassionati di profezie di sventura e dei giornalisti in cerca di riempitivi. Dice che il papa successivo a Giovanni Paolo II avrà il motto Gloria olivae.

    E' un motto talmente vago che sarebbe adattabile a chiunque: un papa italiano (terra delle olive), un papa non italiano (di carnagione olivastra), un papa che si adopera per la pace (l'ulivo è simbolo di pace), e così via. C'è anche un altro adattamento che calzerebbe perfettamente nel caso di elezione di uno specifico cardinale italiano, ma in questo momento particolare mi sembra troppo irriverente per citarlo qui.

    Fin qui niente di drammatico, ma il gran finale della profezia è l'indicazione dell'ultimo papa, che invece di essere identificato da un motto è contraddistinto da un'intera frase latina secondo la quale "nella persecuzione estrema, il trono della Santa Romana Chiesa verrà occupato da Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte sofferenze, finite le quali la città dei sette colli verrà distrutta e il tremendo giudice giudicherà il proprio popolo. Fine" (o Amen, a seconda delle versioni).

    La fine del mondo (o perlomeno di Roma) sembrerebbe insomma piuttosto imminente. Ma niente panico: secondo alcune interpretazioni, in realtà la profezia di San Malachia non specifica che ci saranno soltanto altri due papi.

    Infatti la profezia arriva al centoundicesimo papa, quello identificato come Gloria Olivae, e poi parla di un ultimo papa, non di un centododicesimo. Per cui, anche secondo la profezia, ci potrebbero essere altri papi fra il numero 111 e l'ultimo.

    In ogni caso, insomma, la distruzione di Roma non sembra essere così prossima come potrebbe sembrare, e i profetologi avranno di che sfamarsi (e tediarci) ancora per molto tempo.

  • lorette
    00 08/07/2005 08:11
    Comdata apre i Call Center in Piemonte

    A differenza di altre gestori telefonici
    che chiudono la propria attività in Piemonte,
    Comdata, specializzata nell'help desk,
    potenzia la sua presenza
    nella regione subalpina.

    [ News -08-07-2005]


    Negli ultimi anni il declino industriale che sta vivendo drammaticamente il Piemonte, dalla crisi dell'automobile a quella del tessile, ha investito anche il settore delle Tlc, almeno dal punto di vista occupazionale, nonostante questo sia uno dei pochi settori in crescita e ad alta redditività in Italia.

    Dalla Telecom Italia che ha trasferito la Direzione generale da Torino a Milano e ha chiuso numerose sedi provinciali e quasi tutti i centri periferici, alla Wind che, con un piano di ristrutturazione di questi mesi, ha declassato la sede di Ivrea, che aveva già perso Omnitel con il passaggio a Vodafone, e trasferito numerosi dipendenti a Milano.

    Anche Tim ed, ora, Telegate, la società di Call Center delle Pagine Gialle, smantellano o ridimensionano la propria presenza in Piemonte. Un segnale, invece, positivo ed in controtendenza è quello di Comdata, società leader nel campo della gestione informatizzata dei documenti e delle applicazioni CRM. Comdata nasce nel 1987 ad Asti per gestire la montagna di documenti prodotti da Telecom Italia ed ora da molti altri gestori nel proprio centro, tra i più grandi in Europa, ed ora ha circa 2.100 dipendenti, prevalentemente con contratto a tempo indeterminato. Comdata continua ad assumere e lo sta facendo in questi giorni per il la sua sede di Torino, in pieno centro, a due passi dall'Università torinese. Una scelta quella di stare vicino all'Università adottata per pescare al suo interno giovani studenti da impiegare principalmente in attività di help desk per i principali gestori telefonici italiani, in particolare a Torino per l'help desk di Alice di Telecom Italia.

    La sede di Torino, che ospita la stessa direzione generale della società, a regime potrà disporre di trecento postazioni di Call Center e già impiega centocinquanta dipendenti ma intende aumentarli: una boccata di ossigeno, per l'occupazione giovanile torinese, basta pensare che nella prima fase di ricerca del personale per questa sede Comdata ha ricevuto ben dodicimila curriculum ma anche per il miglioramento della qualità dei servizi di assistenza di Telecom Italia, che non riescono più a reggere, senza aumentare le postazioni di lavoro dedicate, l'onda d'urto del boom dell'Adsl.

    Una scelta quella di Comdata che va controcorrente anche rispetto al Gruppo Cos di Alberto Tripi che ha privilegiato, finora, le regioni meridionali per trovare più facilmente manodopera scolarizzata a buon mercato ed usufruire degli incentivi per chi crea occupazione al Sud o come il gruppo Eutelia, che ha assorbito la torinese NoiCom(e trasferito parte del personale ad Arezzo che, invece, punta addirittura alla Romania per i suoi Call Center.

    Vedremo se questo "modello piemontese" di Call Center, che privilegia comunque la fornitura di assistenza in outsourcing per i gestori, piuttosto che il telemarketing che ormai sta perseguitando i clienti italiani, continuerà con gli attuali criteri che per ora privilegiano occupazione stabile, investimenti nella formazione, perseguimento di un buon clima tra il personale e anche con i sindacati, ambienti di lavoro confortevoli, carattestiche positive, certamente, presenti nella sede torinese di questa realtà aziendale.

  • lorette
    00 09/07/2005 08:54
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  • lorette
    00 09/07/2005 09:03
    Dopo Londra: le frequenze Etacs per le emergenze

    L'attentato di Londra scatena milioni di telefonate che mandano in black-out le Reti. Per evitare questo le frequenze Etacs andrebbero riservate alle emergenze.

    [ News - 09-07-2005]




    Un vecchio telefono TACSGli attentati di Londra con il loro assurdo e disumano sacrificio di vittime innocenti hanno spinto, come era già successo a New York l'11 settembre, milioni di persone a mettere mano contemporaneamente ai telefonini per accertarsi sull'incolumità dei propri cari.

    Milioni di chiamate hanno mandato in black out le reti di telefonia mobile, rendendo più difficile lo stesso lavoro delle forze dell'ordine e delle squadre di soccorso, che in parte avranno sopperito con telefonini satellitari e walkie-talkie: due sistemi di trasmissione che dopo l'11 settembre sono stati fortemente rivalutati per le esigenze della protezione civile.

    Anche se il terrorismo, come è auspicabile, dovesse in futuro cessare, la possibilità di catastrofi che mettano fuori uso i sistemi di Tlc nelle grandi metropoli a causa dell'overload di telefonate saranno sempre possibili. A questo punto c'è da chiedersi se sia sensato che le frequenze lasciate libere dalla fine dei servizi di telefonia mobile Etacs, i primi telefonini prima del boom del Gsm, siano messe all'asta per essere riassegnate ai gestori di telefonia mobile che li vorrano riacquistare.

    La stessa Tim che gestiva l'Etacs e nuovi gestori come 3, senza dimenticare Wind e Vodafone, vorrebbero utilizzare le frequenze dell'Etacs per gestire al meglio l'offerta commerciale alla clientela. C'è da chiedersi invece se queste frequenze, anziché essere privatizzate, non sarebbe meglio che rimanessero a disposizione della Protezione Civile proprio per gestire eventualità come questa.

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    </body>

    [Modificato da lorette 09/07/2005 9.03]

  • lorette
    00 11/07/2005 15:55
    Meno privacy contro il terrorismo

    Una proposta del Governo inglese limiterà di fatto la privacy dei cittadini europei. Con la ripresa di un dibattito mai risolto.

    [ News - 11-07-2005]

    I recenti attentati terroristici di Londra e le conseguenti misure straordinarie in materia di terrorismo, stanno riguardando anche la sfera delle comunicazioni personali dei cittadini.

    Secondo quanto affermato ieri dall'edizione on line del quotidiano "La Repubblica", il ministro degli interni inglese Charles Clarke proporrà a breve che tutte le conversazioni telefoniche e i messaggi e-mail dei cittadini europei potranno essere archiviati per un periodo minimo di sei mesi fino a un massimo, non ben meglio stablito, di alcuni anni.


    La proposta, estesa ai colleghi omologhi degli altri Paesi dell'Unione, e che sarà discussa più in dettaglio nel vertice di Bruxelles di mercoledì 13 luglio, ha già incontrato il favore del Ministro degli Interni Beppe Pisanu che in questi giorni discuterà un Decreto Legge recante misure urgenti in materia di prevenzione contro il terrorismo internazionale, decreto legge a cui maggioranza e opposizione hanno già assicurato parere favorevole e unitario.

    Non sono ancora chiare le modalità con le quali questi dati verranno archiviati, in un primo tempo si è parlato di archiviazione degli estremi essenziali e non dei contenuti, ma ogni paese dovrebbe poter applicare la proposta con un ampio margine di discrezionalità in questo senso.

    L'eterno dibattito, dunque, si proprone ancora e nei suoi termini più estremi: è giusto e corretto ledere la privacy dei cittadini per motivi straordinari di ordine pubblico e di prevenzione di atti di terrorismo?

    Ciascuno di noi avrà la sua risposta a questo riguardo. Alcuni diranno di essere disposti a sacrificare un po' della loro riservatezza in nome di una buona causa e di un decreto legge che potrebbe aiutare a prevenire danni ben più gravi, altri invece diranno che lo Stato non può arrogarsi il diritto di entrare nella vita privata e nelle comunicazioni dei suoi cittadini e che se qualcuno telefona alla moglie per dirle di buttare la pasta, a meno di non commettere un reato sono comunque affari suoi.

    Tutte e due queste posizioni sono emotivamente e umanamente comprensibili, e portano argomentazoni valide.

    C'è però da notare come la Costituzione italiana affermi all'articolo 15 che "La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili." e che una limitazione può essere data solo dall'Autorità Giudiziaria con atto motivato. Cò non significa, naturalmente, che il decreto legge in discussione sia antcostituzionale, ma che il principio è bene espresso e chiaro nella nostra Carta fondamentale.

    Non è la prima volta che il Governo cerca di intervenire sulla conservazione dei dati riguardanti le comunicazioni dei cittadini. Un paio di anni or sono era già stata avanzata la proposta di portare da tre a cinque anni il limite massimo di tempo durante il quale un provider internet o un gestore di telefonia fissa e mobile dovevano tenere a disposizione dell'Autorità Giudiziaria i dati relativi al traffico e-mail e telefonico dei propri abbonati.

    Non c'è che augurarsi che il Garante della Privacy si esprima al più presto su questa delicata questione con una posizione di equilibrio, fermo restando il fatto che tutti siamo comunque "spiati" continuamente senza che nessuno ce lo dica o ce ne chieda il permesso, e anche questo è un dato di fatto.

    Nelle comunicazioni via Internet, in particolare quelle via posta elettronica, c'è solo da affidarsi a quello che negli anni si è affermato come lo strumento più valido e sicuro, la crittografia forte a chiave pubblica. A meno che qualcuno non pensi (e che ne sono!) che chi usa PGP, GPG o simili, per il solo fatto di usarli, possa rientrare nel novero sei soliti sospetti. Che, guarda caso, non sono mai quelli che mettono le bombe.




  • lorette
    00 14/07/2005 18:07
    Quanto costa sapere un numero telefonico


    Vediamo quanto costa sapere un numero telefonico con la scomparsa del servizio 12 e la piena liberalizzazione del settore.

    News - 14-07-2005


    In ottobre chiuderà definitivamente il servizio informazione elenco abbonati di Telecom Italia: il noto servizio 12, per decisione dell'Authority per le Comunicazioni che ha voluto la piena liberalizzazione del settore delle directory assistance(cioè i servizi di informazione elenchi), privando Telecom Italia di questo fattore competitivo che era il possesso di una numerazione così conosciuta.

    Molti gestori telefonici si apprestano a offrire questo servizio ai propri utenti, e insieme a questi è arrivata anche in Italia l'offerta dei servizi di Infoxx, una società statunitense, nata nel 1991, specializzata nella fornitura di numeri telefonici, i cui servizi già ricevono 600 milioni di chiamate all'anno, fra Usa ed Europa.

    Infoxx in Gran Bretagna in pochi anni ha acquisito più del 40% del mercato delle informazioni degli elenchi telefonici, superando British Telecom, l'ex monopolista; in autunno partirà anche in Francia con "Le Numero", corrispondente d'Oltraple de "Il Numero", il servizio di informazioni che sta pubblicizzando, e per cui ha acquisito una numerazione facilissima da ricordare: 892.892.

    Le tariffe dell'892.892, che fornisce solo numeri di telefono, ed è per ora gestito in outsourcing a Palermo, sono le seguenti: per le chiamate da fisso Telecom Italia costa 0,12 euro alla risposta e 1,80 euro al minuto. Per chi chiama da telefonino Tim il costo è 0,15 euro alla risposta (sempre Iva inclusa) e 1,80 euro al minuto, così per i telefonini Wind; mentre per chi chiama da Vodafone il costo è di 0,15 euro alla risposta e di 2,40 euro al minuto. Tutto proporzionato in base agli effettivi secondi di conversazione.

    Meno caro, strano ma vero, è il costo al minuto del servizio 892.412 di Telecom Italia, che prende il posto del 412 di: fornisce anche informazioni aggiuntive come gli orari delle farmacie, la programmazione dei cinema, informazioni su prezzi di hotel, campeggi, ristoranti, pizzerie, informazioni su orari di aerei e treni, vendita di biglietti della Ticket One per eventi sportivi e musicali.

    Il prezzo del servizio 892.412, per chi chiama da telefono fisso Telecom Italia e Fastweb, è 0,36 euro alla risposta e 1,56 euro al minuto. Chi lo chiama da telefonino Tim paga per il primo minuto di conversazione 1,86 euro e 0,58 per i minuti successivi. Molto più caro per i telefonini Vodafone: 3,19 euro per il primo minuto e 0,60 per i minuti successivi.

    I clienti Vodafone hanno, però, a disposizione il numero 892.000, che dà le stesse informazioni al costo di 1,17 euro per il primo minuto e 58 centesimi per i successivi 30 secondi.

    Il servizio 89.24.24, Pronto Pagine Gialle, fornisce gli stessi servizi dell'892.412 di Telecom Italia, costa 0,36 euro alla risposta e 1,32 euro da telefono fisso; per chi chiama da telefonino di tutti i gestori mobili, costa 1,32 il primo minuto e così per i minuti successivi.

  • lorette
    00 17/07/2005 11:05
    Gettare fango sul pinguino


    Linux è davvero dieci volte più costoso di Windows Server 2003? La migrazione inversa (da Linux a Windows) è così massiccia come affermano gli uomini dello zio Bill? Ecco ciò di cui Microsoft si augura non vi accorgiate.



    News - 16-11-2004


    Non c'è solo la sinistra correlazione tra il sistema operativo free più popolare e la pirateria informatica a gettare sconforto tra gli utilizzatori. Un'altra forma con cui si sta manifestando la politica denigratoria nei confronti di GNU-Linux è la martellante campagna "Get the facts", in rete e sulle riviste di IT.

    Funziona più o meno così: su un motore di ricerca digitate le parole "distribuzioni linux", perchè magari volete un obiettivo confronto tra le opportunità che il pinguino vi offre. Il motore vi indirizza su una pagina il cui primo link, sponsorizzato, vi manda a un sito MY WEBPAGE che con GNU-Linux ha ben poco a che spartire.

    Sul sito si legge: "Da una recente ricerca è emerso che usare Linux è 10 volte più costoso di Windows Server 2003. Lo studio, certificato dalla società di ricerca indipendente META Group, ha misurato i costi di gestione di Linux..." eccetera eccetera.

    Parole come "certificato", "società indipendente", dovrebbero infondere un senso di protezione, di sicurezza. A noi vengono invece alla mente cose tipo Palladium e, chissà perché, sentiamo un brivido lungo la schiena.

    Ovviamente, da questi studi risulta che "[...] il mainframe con Linux, se paragonato a Windows Server 2003 [...] ottiene performance inferiori a costi superiori.". Si può tranquillamente concludere che, per le grandi imprese, la migrazione da Windows a Linux è "costosa in modo proibitivo, estremante complessa e non offre guadagni tangibili".


    E poi via, a ruota libera, parlando anche di numerosi casi di "reverse migration", ovvero la migrazione di ritorno di alcune aziende da Linux a Windows - evidentemente non deve essere altrettanto costosa, complessa e priva di guadagni tangibili. Come al solito, il nostro buonsenso è l'unica arma contro un'informazione parziale e fuorviante.

    Per prima cosa diffidiamo per natura di chi dispone di mezzi finanziari e di informazione superiori (e questo non vale solo per l'informatica). La pubblicità a pagamento, i redazionali sulle riviste più quotate e i link sponsorizzati sulle primarie pagine web non sono alla portata di sviluppatori e utilizzatori di software libero. Nemmeno le microscopiche aziende che distribuiscono versioni commerciali di Linux possono fare granchè contro il colosso di Redmond.

    Inoltre, secondo il principio di Belzebù, una notizia che porta acqua al mulino della fonte non gode di una grande attendibilità, per quanto la fonte stessa sia autorevole.

    L'esperienza personale di chiunque abbia a che fare con l'informatica parla di un crescente successo di GNU-Linux, che magari non è ancora arrivato a numeri importanti, ma che non accenna a rallentare.

    Non ci azzardiamo a negare i casi di reverse migration (da Linux a Windows), sorretti da ponderose analisi tecniche ed economiche, ma sappiamo bene che i casi di normal migration (da Windows a Linux) sono molto più numerosi, sia perchè li abbiamo visti concretamente, sia perchè spesso ne siamo gli attori diretti.

    Poiché sappiamo che non è saggio ascoltare solo una parte, occorre verificare che cosa ne pensa l'altra campana: per esempio, il sito di Novell ha una pagina che titola più o meno così: "Raddrizziamo la verità. Le cose di cui Microsoft si augura non vi accorgiate", ricca di interessanti considerazioni.

    Segnaliamo anche CXO-today che ribatte: "Se Microsoft costa meno di GNU-Linux, allora la terra è piatta".

    Ma la critica forse più interessante alla campagna di Microsoft viene dall'Italia e ce la segnala il lettore Tiziano. Secondo questo articolo MY WEBPAGE di Marco Trevisani, Microsoft non avrebbe tutti i torti a parlare di minore TCO (Total Cost of Ownership) per le proprie soluzioni. Tuttavia aggiunge: "la mia coscienza mi impone di chiedermi da dove derivino questi costi aggiuntivi a cui il software libero è soggetto".

    La risposta sta nell'impreparazione tecnica e culturale delle società di consulenza IT. Il TCO è superiore perché chi si dovrebbe occupare di installare, configurare e insegnare GNU-Linux agli altri non è in grado di adempiere a questi compiti perché non ha fatto, a sua volta, adeguati investimenti in formazione.

    Se un'azienda non intende più spendere denaro per acquisire diritti di utilizzo sempre più vincolati e immateriali e cerca una piattaforma software indipendente, risulta difficile trovare qualcuno che la supporti in questa difficile scelta. Sempre secondo Trevisani, "il costante utilizzo di software e sistemi operativi in cui non dobbiamo sapere pressochè nulla per poterli utilizzare, piano piano ci impigrisce la mente e ci livella in basso".

    La cosa ha anche importanti risvolti sulla competitività del nostro sistema economico. Nella ricerca affannosa del risparmio a breve termine, proseguiamo a impoverire le risorse umane di cui disponiamo.

    Nell'Italia povera di industrie, organizzazione e materie prime, è un suicidio sprecare una ricchezza disponibile gratuitamente (i sorgenti aperti del software libero) e potenzialmente creatrice di nuovo sviluppo, col risultato di legarci sempre più strettamente alla vorace politica commerciale di Microsoft.


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    </body>

    [Modificato da lorette 17/07/2005 11.15]

  • lorette
    00 17/07/2005 11:26
    Vodafone regala azioni, Telecom chiede soldi

    Telecom Italia chiede soldi ai suoi dipendenti, attraverso un prestito obbligazionario; Vodafone regala, per il secondo anno, azioni ai suoi dipendenti.



    News - 16-07-2005


    E' interessante analizzare quali diverse strategie hanno adottato, in tema di partecipazione azionaria dei propri dipendenti, i maggiori gestori telefonici italiani che, in questo momento, sono anche le aziende più importanti e leader del Paese, in termini di crescita e redditività.


    Telecom Italia ha recentemente lanciato per tutto i suoi dipendenti un prestito obbligazionario, cioè chiede soldi ai suoi dipendenti, offrendo obbligazioni da acquistare a 50 euro l'una, anche con trattenute mensili.

    Mentre Telecom Italia batte cassa ai suoi dipendenti, Vodafone Italia regala, nel mese di luglio, a tutti i suoi diecimila dipendenti, quale che sia il loro grado e funzione, un pacchetto di 320 azioni, così come fa con gli altri quarantamila dipendenti Vodafone sparsi in tutto il mondo.

    Si tratta di un'iniziativa già assunta l'anno scorso, quando a tutti i lavoratori Vodafone Italia furono regalate 350 azioni; è interessante e originale perché in genere il meccanismo delle stock option, cioè le azioni riservate ai dipendenti, nelle aziende italiane è riservato solo a dirigenti e quadri e non a impiegati, operai, operatori di call center e via dicendo.

    Certamente regalare azioni non è sufficiente a far contare di più i lavoratori anche come azionisti, a farli incidere nelle strategie aziendali e sugli investimenti. Ma tra chiedere soldi e regalarli c'è una bella differenza: la differenza che passa tra un'azienda fortemente sana come Vodafone e un'azienda che risente in modo pesante del suo attuale indebitamento, ora che non ci sono più attività non strategiche da vendere (come è stato per Seat, Finsiel eccetera).

    Anziché regalare azioni, Telecom Italia ha bloccato spese di trasferta, straordinari, attività anche minime di manutenzione dei locali a favore dei lavoratori: sta dimostrando in tante altre piccole cose, che riguardano la vita di tutti di giorni dei suoi clienti, alle prese con disservizi piccoli e grandi, di avere il fiato corto.


  • lorette
    00 17/07/2005 11:36
    La tariffa piatta di Telecom

    Da agosto un abbonamento per navigare
    senza limiti in Internet anche senza Adsl.

    News - 16-07-2005


    Alla fine Telecom Italia non ne ha potuto più del coro di proteste e richieste di quanti, esclusi per ora dalla copertura Adsl, si lamentavano per il costo eccessivo dell'Internet in dial-up di Telecom Italia, che costa 1 centesimo al minuto con la tariffa "Alice 1Cent".

    Telecom Italia, da agosto, comincerà a commercializzare "Teleconomy Internet", che permetterà di navigare senza limiti di tempo in dial-up ed avrà un costo di 12 euro al mese per le linee telefoniche di base e di 24 euro per le linee ISDN (sempre Iva inclusa), collegandosi attraverso il numero 701.0187.187.

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