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Segnalazioni : Tutte Le News Varie " Settembre 2006 "

  • Messaggi
  • lorette
    00 11/10/2005 21:40
    L'ultima beffa della legge Urbani

    La legge Urbani, che criminalizza il P2P, era stata approvata anche dall'opposizione perché conteneva aiuti e provvidenze per il cinema: aiuti che la legge Finanziaria 2006 vuole abolire.

    News - 11-10-2005


    Una delle motivazioni della legge Urbani (che introduce gravi sanzioni per il P2P di materiale audiovisivo coperto da copyright), anzi la più forte, che aveva convinto la stragrande maggioranza dell'opposizione (tranne Rifondazione e Verdi) erano gli aiuti per il cinema italiano, previsti all'interno della legge.

    Per questo la legge Urbani, prima di essere approvata, aveva avuto un iter in cui era stato difficile modificarla, visto il suo contenuto considerato salvifico per il nostro cinema.

    Successivamente Urbani è passato alla Rai come consigliere d'amministrazione, mentre la nuova legge Finanziaria, firmata da Tremonti e approvata dal Governo Berlusconi, azzera del tutto i contributi per il cinema italiano, così come taglia del 45% i finanziamenti del fondo dello spettacolo, rischiando di mettere in crisi la programmazione del Teatro alla Scala, del Regio di Torino e delle "Olimpiadi della Cultura", legate alle Olimpiadi invernali (e che avevano fatto aggiudicare a Torino l'evento, quando il Cio decise) che qualche giorno prima lo stesso Governo aveva presentato in pompa magna alla stampa internazionale; anche la Biennale del Cinema di Venezia rischia di chiudere per mancanza di fondi.

    L'opposizione, a suo tempo, avrebbe fatto bene a bocciare la Legge Urbani, senza cadere nel trabocchetto del Governo.

  • lorette
    00 11/10/2005 21:45
    Yahoo! lancia il motore di ricerca per blog

    Per la prima volta affiancati media tradizionali e blog.

    News - 11-10-2005



    Il logo del motore di ricerca blog di Yahoo!

    Il 10 ottobre potrebbe essere ricordato come la fine del giornalismo tradizionale e il trionfo del giornalismo grassroot (fatto dal basso) portato avanti dai blogger. Per la prima volta infatti Yahoo! ha deciso di affiancare blog e fonti di informazione "tradizionali" all'interno dellla propria pagina di news. Ogni volta che si effettuerà una ricerca all'interno di Yahoo! News (versione americana) si potrà scegliere di includere nei risultati anche i blog.

    A centro pagina verranno forniti i link alle fonti giornalistiche tradizionali (per esempio New York Times, Usa Today eccetera) affiancate sulla destra dai collegamenti ai giornali amatoriali scritti dai blogger. Oltre ai contenuti testuali si potrà scegliere di trovare anche immagini estendendo la ricerca al servizio di condivisione di foto Flickr (di proprietà di Yahoo!). Per ora nei risultati di ricerca vengono inclusi soltanto i blog definiti rilevanti, cioè quelli più visitati e rispettati sulla Rete.

    "I media tradizionali non hanno il tempo o le risorse per coprire tutti gli avvenimenti" ha affermato Joff Redfern, product director di Yahoo!, motivando la decisione della società di Sunnyvale di "legittimare" la blogosfera come fonte di informazione a tutti gli effetti.

    I blogger più famosi come Robert Scoble, Om Malik per ora non si sono entusiasmati; anzi, hanno espresso pubblicamente le proprie critiche al meccanismo di ricerca di Yahoo! colpevole a loro dire di non essere accurato come quello di search engine dedicati ai blog come Technorati, FeedSter o Google Blogsearch.

    Sta di fatto che al di la delle critiche o dei trionfalismi che circolano in queste ore sulla Rete il servizio lanciato da Yahoo! è molto innovativo e dimostra come i blog non siano più considerati come dei semplici diari personali ma delle vere e proprie fonti di informazione, con un'importanza sempre maggiore nelle abitudini di fruizione informativa degli utilizzatori di Internet.


    [Modificato da lorette 11/10/2005 21.51]

  • lorette
    00 11/10/2005 21:58
    Tunisi Mon Amour

    Per il Forum Mondiale di Tunisi 2005 viene lanciata di una Carta dei Diritti della Rete dell'Onu per garantire la libertà degli internauti di ogni Paese.

    News - 11-10-2005


    A Tunisi dal 16 al 18 Novembre 2005 si svolgerà il Wsis, il Forum Mondiale dell'Onu per la società dell'informazione sui temi del Digital Divide e della diffusione dell'Ict.

    In vista di questo importante appuntamento globale il senatore Fiorello Cortiana ha lanciato un appello in Italia perché la conferenza si impegni per una Dichiarazione Universale, sul tipo di altre approvate dall'Onu ad esempio per i diritti della donna o per la tutela dell'infanzia, una "Carta dei Diritti della Rete.

    L'appello, sottoscritto già da molte personalità della società civile, del mondo della cultura e dell'informazione, sarà presentato a Roma, Martedì 11 Ottobre, presso la Sala Conferenze della Fondazione Basso(da sempre impegnata per i diritti dei popoli), in Via della Dogana Vecchia 5, alle 11.30. All'incontro, a cui è stato inviato anche il Ministro italiano per l'Innovazione Tecnologica Lucio Stanca, parteciperanno la Prof.ssa Matilde Ferraro, Delegata della Società Civile italiana al Wsis di Tunisi,il Dott. Vittorio Bertola della Task Group Internet Governance dell'Onu, il Prof. Stefano Rodotà, già Garante italiano per la Privacy per molti anni e il Sen. Fiorello Cortiana.

    Il testo dell'appello è questo:

    "Tunisi Mon Amour

    Per una Dichiarazione dei Diritti della Rete

    A Tunisi, in novembre, tutti i paesi del mondo, chiamati dalle Nazioni Unite, si incontreranno nel World Summit on Information Society. E' una grande opportunità. E' un incontro che deve concludersi con un documento che segni un'epoca: una Carta dei Diritti per la Rete.

    Internet è il più grande spazio pubblico che l'umanità abbia conosciuto. Un luogo dove tutti possono prendere la parola, acquisire conoscenza, produrre idee e non solo informazioni, esercitare il diritto di critica, dialogare, partecipare alla vita comune, e costruire così un mondo diverso di cui tutti possano egualmente dirsi cittadini. Internet sta realizzando una nuova, grande redistribuzione del potere. Per questo è continuamente a rischio. In nome della sicurezza si restringono libertà. In nome di una logica di mercato miope si restringono possibilità di accesso alla conoscenza. Alleanze tra grandi imprese e stati autoritari cercano di imporre nuove forme di censura. Internet non deve divenire uno strumento per controllare meglio i milioni di persone che se ne servono, per impadronirsi di dati personali contro la volontà degli interessati, per chiudere in recinti proprietari le nuove forme della conoscenza.

    Per scongiurare questi pericoli non ci si può affidare soltanto alla naturale capacità di reazione Internet. E' tempo di affermare alcuni principi come parte della nuova cittadinanza planetaria: libertà di accesso, libertà di utilizzazione, diritto alla conoscenza, rispetto della privacy, riconoscimento di nuovi beni comuni. Solo il pieno rispetto di questi principi costituzionali consentirà di trovare il giusto equilibrio democratico con le esigenze della sicurezza, del mercato, della proprietà intellettuale.

    E' tempo che questi principi siano riconosciuti da una Carta dei Diritti. Chiediamo a tutto il popolo della Rete, alle donne e agli uomini che lo costituiscono, di collaborare con la loro libertà e creatività a questo progetto, e di far sentire la loro voce ai governi di ciascun paese perché lo sostengano.


  • lorette
    00 13/10/2005 12:03
    Le Poste e il digital divide

    Il maggiore network logistico mondiale unito per l'equità informatica. Ma attenzione al pericolo-Italia.

    News - 12-10-2005




    Per gli italiani sono un peso. Per i paesi poveri le poste possono essere un aiuto contro il digital divide."

    Oggi, l'ufficio postale è qualcosa di più di un luogo per inviare o ricevere documenti e vaglia, è anche un hub per la circolazione di informazioni e denaro". Sono la parole pronunciate da Edouard Dayan, segretario generale di UPU, durante la giornata mondiale delle Poste, celebrata domenica scorsa.

    UPU è l'acronimo di Universal Postal Union, l'organizzazione internazionale dei servizi postali, la maggiore rete logistica del mondo. Ogni anno, cinque milioni di impiegati elaborano e consegnano 424 miliardi di lettere e pacchetti nazionali, circa sei miliardi di spedizioni internazionali e più di 4,4 miliardi di trasferimenti in denaro.

    "Con la sua portata e il suo numero di impiegati, il settore postale è partner obbligatorio di governi e ONG per ridurre il digital divide," ha aggiunto Dayan.

    E il prossimo World Summit on the Information Society (WSIS) di Tunisi sarà un'importante vetrina per l'UPU, i suoi aderenti e i suoi nobili scopi. "Le poste sono dappertutto, anche negli angoli più remoti dei paesi più esclusi, dove fungono da collegamento col mondo esterno," continua Dayan.

    "Le loro porte sono aperte a tutti, senza discriminazione, costituendo un formidabile veicolo d'integrazione nella nuova società dell'informazione. Il nuovo network postale abbatte le barriere fisiche, digitali e finanziarie attraverso l'uso efficace delle nuove tecnologie, fa da supporto per la costruzione dell'economia nazionale e la riduzione della povertà nei paesi svantaggiati," conclude Dayan.

    Belle parole, bei concetti, davvero. Da parte nostra siamo convinti che, nei paesi del terzo mondo, il vecchio ufficio postale, con un'adeguata crescita tecnologica, può diventare una testa di ponte critica per l'affrancamanto digitale di milioni, forse miliardi di persone.

    Ma il rischio è che tutto si trasformi nella fuffa di Poste Italiane. Qui il cambiamento ha riguardato soltanto l'immagine, mentre i servizi sono divenuti spesso peggiori, quasi sempre molto più costosi. Nessuna spinta al progresso digitale, nessuno sprone alla crescita tecnologica di utenti e personale. Addirittura molti servizi online costano di più che allo sportello.

    Dal punto di vista finanziario, un tempo l'azienda brillava con prodotti propri, veri esempi di chiarezza e di onestà, al riparo dalle fumose proposte del sistema bancario. Ora, grazie all'accordo con gli stessi istituti che avrebbe dovuto minacciare, è divenuto un banale reseller di proposte modeste (per usare un eufemismo).

    Dal punto di vista informatico, il matrimonio con la Microsoft di Bill Gates ha portato solo una grande vulnerabilità dell'intero sistema ai virus più banali, e una discriminazione gravissima a danno di chi non usa il costoso pacchetto Office, escluso da alcuni uffici pubblici per non conformità agli standard di formato.

    Niente a che vedere con la riduzione del digital divide.


    [Modificato da lorette 13/10/2005 12.05]

  • lorette
    00 17/10/2005 07:43
    Formattazione classica contro CSS

    I pro e contro di due soluzioni differenti nella creazione di una pagina web.

    News - 16-10-2005




    Iniziamo con lo sfatare un luogo comune ancor troppo diffuso: si sente spesso dire "Ho abbandonato le tabelle e ora lavoro con i CSS" come se i due elementi fossero contrapposti; ma tabelle e CSS non lo sono affatto e possono anzi convivere tranquillamente in un layout, perché si occupano di parti differenti di una pagina: le prime della struttura, i secondi della formattazione.

    Le tabelle nacquero per impaginare dati, poi i webdesigner se ne appropriarono, snaturandone il fine e iniziando a usarle per impostare il layout; la cosa ha sempre funzionato a dovere, perché le tabelle hanno indubbiamente dei vantaggi, non ultimo la robustezza.

    Alle tabelle generalmente si affiancava una formattazione fatta direttamente dentro i tag HTML e si tagliuzzava la grafica prevista in tante piccole immagini inserite all'interno di celle create appositamente: tutto questo dava origine a pagine complicatissime e a un codice illeggibile dove i contenuti veri e propri si smarrivano e che erano consultabili decentemente solo dal classico browser dell'altrettanto classico personal computer di casa.

    I CSS (cascading style sheets, ovvero fogli di stile a cascata) nacquero nel 1996, ma per molto tempo non furono adeguatamente considerati dai webdesigner e tantomeno supportati dai più usati programmi di navigazione, perciò negli anni a seguire si continuò a formattare nel modo fino ad allora utilizzato.

    Da qualche tempo però si stanno scoprendo tutte le potenzialità e i vantaggi dei CSS, perfettamente applicabili anche alle vecchie tabelle, alleggerendo di molto il codice: tutta la parte che riguarda la formattazione, comprese le immagini decorative, può essere separata completamente dalla struttura della pagina e gestita da un file esterno: ecco perché tabelle e CSS non sono affatto incompatibili.

    Diverso il discorso dei div: perché scegliere di usare i div come contenitori anziché le tabelle? Semplice: perché i div sono molto più malleabili delle tabelle e si adattano molto più facilmente ai supporti più diversi che continuamente sono proposti al pubblico, come ad esempio i palmari o i cellulari attrezzati per navigare nel web oppure i browser alternativi (testuali o vocali); attraverso un uso oculato dei CSS è possibile creare delle pagine web che si adattano a qualsiasi tipo di supporto e a qualsiasi esigenza: l'utente può decidere di disattivare il CSS proposto dal webdesigner e caricarne uno ad hoc per una maggior leggibilità, ad esempio.

    Purtroppo c'è ancora qualche controindicazione all'uso dei div ed è il cattivo supporto che i browser fanno dei CSS: proprio lo stesso problema che c'era all'inizio e che, se e' stato in buona parte superato, richiede ancora qualche attenzione per creare esattamente il layout che desideriamo.

    I vantaggi però sono sicuramente di gran lunga maggiori, non ultimo il fatto che una pagina ben strutturata creata con div+CSS esterno diverrà obsoleta molto meno velocemente dei vecchi layout a tabelle e formattazione integrata e in qualunque momento sarà rimaneggiabile per modificare anche di molto il layout.

  • lorette
    00 17/10/2005 08:09
    La flat del servizio informazioni

    Il Numero lancia una tariffa flat per il servizio informazioni elenco abbonati: 1,8 euro fino a 8 minuti di conversazione.

    News - 17-10-2005


    L'avvento della liberalizzazione del settore delle directory assistance, cioè i servizi telefonici di informazioni sull'elenco abbonati, dopo la disattivazione del servizio 12 avvenuta il 1 ottobre, ha comportato la nascita come funghi di tanti servizi: dal 12.40 di Seat, al 12.88 di Telefonica, al 12.54 di Telecom Italia all'892.892, che affollano con i loro spot giornali e palinsesti televisivi.

    Purtroppo la liberalizzazione, anziché portare a una riduzione dei prezzi, ha visto le tariffe di questi servizi schizzare verso l'alto; essendo servizi tariffati a tempo, si è aperta una polemica sul fatto che gli operatori tirassero la conversazione per le lunghe, al fine di far pagare di più.

    Per questo "Il Numero", la società che ha lanciato l'892.892, ha pubblicizzato nelle settimane scorse "una sfida all'ultimo minuto", cioè l'impegno a reperire il numero richiesto al massimo in un minuto, per contenere l'esborso richiesto, e ora si è convertita alla tariffa flat, come avevano richiesto le associazioni dei consumatori.

    Fino a 8 minuti di conversazione, per avere anche più numeri, il costo è sempre uguale: 1,8 euro, contro il costo precedente di 1,8 euro al minuto. Si spera che ora anche gli altri gestori seguano questo esempio e lancino una tariffa flat simile.

  • lorette
    00 21/10/2005 21:37
    Messenger a pagamento dal 1 novembre?

    C'è in giro un appello secondo il quale MSN Messenger diventerà a pagamento.

    News - 17-10-2005


    C'è in giro un appello secondo il quale MSN Messenger diventerà a pagamento dal prossimo 1 novembre: per far cambiare idea a zio Bill, tuttavia, basterebbe mandare l'appello ad almeno 18 dei propri contatti su MSN. Il testo che gira è grosso modo questo:

    "Il primo novembre dovremo pagare per usufruire di msn messenger e per usare i nostri account hotmail,a meno che non mandiamo questo messaggio al almeno 18 persone della nostra lista!non e' uno scherzo,controllate su www.msn.com una volta mandati i messaggi, la vostra icona di msn (l'omino) diventera' blu. copiate e incollate il messaggio ai vostri contatti per favore!"

    L'appello invita ad andare a controllare su Msn.com, ma il sito non dice nulla in proposito, come si può notare cercando le parole-chiave dell'appello in Msn.com. Nessun risultato neppure usando le parole- chiave della versione inglese di quest'appello:

    "On the first of november, we will have to pay for the use of our MSN and email accounts unless we send this msg to at least 18 contacts on your contact list. It's no joke if you don't belive me then go on the site (www.msn.com) and see for yourself. Anyways once you've sent this message to at least 18 contacts. your msn dude will become blue. please copy and paste dont't forward cos people wont take notice otherwise."
    Si tratta infatti di una vecchia bufala alla quale viene periodicamente cambiata la data di scadenza: se ne trovano versioni risalenti addirittura al 2001 su Snopes.com. La versione italiana con i 18 contatti mi è stata segnalata la prima volta a fine luglio 2005 e in quell'occasione la scadenza era agosto 2005. Scadenza ovviamente passata senza che MSN sia diventato un servizio a pagamento.

    Non ci sono dubbi: è una bufala. Zio Bill non decide se far pagare o meno per un servizio in base al numero di inoltri di quest'appello. E' possibile che alcuni servizi di MSN diventino in futuro a pagamento, ma la decisione non dipende da una raccolta di "firme".

    Non ci credete? Accomodatevi: provate a mandare l'appello ad almeno 18 persone. Se sopravvivete al bombardamento d'insulti di quelli che vi dicono di essere meno ingenui e cocciuti, guardate se la vostra icona di MSN diventa blu.

  • lorette
    00 21/10/2005 23:16
    Abolire le tasse sulla copia privata

    A chiederlo è... la BSA!

    News - 18-10-2005



    Una collezione di musicassette

    Sono in molti a reclamare l'abolizione delle tasse sulla copia privata, ossia quelle gabelle che si pagano su ogni CD vergine, su ogni cassetta audio/video vergine, sui lettori digitali e in pratica su qualsiasi cosa possa essere usata per registrare musica e filmati. Di solito, però, coloro che reclamano sono utenti comuni, quelli che la RIAA e le case discocinematografiche si ostinano a definire pirati e ad incolpare dei propri cali di vendite.

    Stupisce, quindi, che al coro dei reclami si aggiunga, secondo The Register, la BSA (Business Software Alliance), celebre per alcune sue campagne antipirateria software piuttosto controverse e fallimentari.

    Secondo la BSA, le tasse sulla copia privata sono obsolete e inique per il consumatore in un mondo nel quale esiste il software anticopia o di gestione dei diritti digitali (DRM). La BSA dice che le tasse sulla copia privata fanno pagare ai consumatori ripetutamente il diritto di usare la musica acquistata.

    La Business Software Alliance cita l'associazione per il commercio tedesca Bitkom, una cui stima indica che il consumatore medio scuce fino a 150 euro in tasse sulla copia privata (incluse nel prezzo d'acquisto dell'hardware) quando attrezza un ufficio di tipo medio con un PC, uno scanner, una stampante e un masterizzatore. Lo stesso consumatore paga poi di nuovo queste tasse quando acquista musica protetta da sistemi anticopia.

    Il fatto che la BSA si unisca al coro non deve però far fare salti di gioia. L'abolizione delle tasse sulla copia privata sarebbe molto equa nei confronti di chi compera supporti soltanto per registrarci i propri dati personali (CD e DVD per i backup o i propri filmati, ma anche memorie per fotocamere), ma potrebbe essere presa come giustificazione per imporre i sistemi anticopia. I discografici e i distributori di film su DVD potrebbero argomentare, a quel punto, che introdurre sistemi anticopia è l'unico modo per tutelarsi, avendo perso la compensazione per la copia privata.

    In realtà le parole della BSA mettono in luce una verità più profonda: è iniquo avere sia tasse sulla copia privata, sia sistemi anticopia. I due non devono coesistere, dice la BSA. Quindi o aboliamo le tasse, o aboliamo i sistemi anticopia. Che senso ha avere sistemi anticopia, se il consumatore ha già risarcito il presunto danno derivante dalla copia?


    [Modificato da lorette 21/10/2005 23.22]

  • lorette
    00 21/10/2005 23:51
    La "Grande Telecom" e l'Antitrust

    Telecom Italia decide la piena integrazione tra fisso e mobile e stipula un'alleanza con Mediaset per portare la TV digitale sui telefonini. Ma l'Antitrust non potrà non bloccare tutto.

    News - 22-10-2005

    Pochi mesi or sono la fusione finanziaria tra Telecom Italia e la sua controllata TIM è stata la notizia dell'attualità economica più importante: Telecom Italia, che già controllava il maggior gestore mobile italiano, ha ritirato le azioni TIM dalla quotazione in Borsa e ha aumentato il proprio indebitamento nel breve periodo per incassare tutti i ricchi dividendi e consolidare nel tempo la situazione finanziaria appesantita fortemente dall'OPA di Colaninno.

    Tronchetti Provera ha promesso agli investitori che le sinergie tra Telecom Italia Wireline (rete fissa) e il mobile di TIM, basate soprattutto sull'integrazione in un'unica piattaforma di Rete e sulla razionalizzazione della struttura, avrebbero permesso un guadagno immediato di qualcosa come due miliardi di euro. Nel contempo, però, i vertici dell'azienda confermavano che le separazioni sociatarie, contabili e organizzative sarebbero rimaste in essere per evitare problemi di Antitrust.

    Nel 1994, infatti, per lasciare spazio alla nascente concorrenza rappresentata unicamente da Omnitel di Olivetti e per evitare che Telecom Italia approfittasse della sua posizione di indiscusso vantaggio, dalla Divisione Mobile dell'ex monopolista fu estrapolata e creata TIM.

    Oggi Telecom Italia lancia il piano "One Model Company": totale integrazione delle due aziende, che rimarrebbero così solo formalmente e apparentemente separate l'una dall'altra. Come già accade oggi per la gestione di servizi e aree come le relazioni sindacali, le relazioni esterne, l'amministrazione e il legale, le politiche commerciali, le forze di vendita e la rete dei negozi diretti e affiliati, dunque, diverrebbero uniche per entrambe le aziende sia la realizzazione di piattaforme di Rete integrate che l'offerta complessiva dei servizi e dei prodotti, sia per il fisso che per il mobile, e delle relative tariffe, verso l'utenza.

    Marco De Bendetti, per diversi anni (forse i migliori) amministratore delegato di TIM e per qualche mese pari grado con Riccardo Ruggiero, esce di scena perché non abbastanza determinato in questo processo di fusione a tutto campo. Anche l'altro uomo forte di TIM, il direttore generale Sentinelli, colui che ha lanciato la Sim prepagata e ha fatto la fortuna della Azienda, ha lasciato Telecom Italia con una liquidazione supermiliardaria.

    Una volta fatti fuori i vertici di TIM, coloro che ora hanno più da temere sono proprio i dirigenti intermedi che hanno perso tutti gli sponsors e rischiano di essere fatti fuori dai loro colleghi Telecom: TIM infatti è a tutti gli effetti rientrata in Telecom Italia e anche i dipendenti operativi dei livelli più bassi rischiano le conseguenze negative di una ristrutturazione che potrebbe provocare migliaia di esuberi.

    Bisogna dire che sono tuttora validi i motivi che dieci anni fa costrinsero l'Antitrust del neo presidente Giuliano Amato, uomo di centro sinistra, a imporre a una potente Telecom Italia la scissione di TIM: TIM è il primo gestore mobile italiano, forte di una percentuale di mercato che supera il 40% e Telecom Italia controlla tuttora più del 70% del traffico voce e delle connessioni a banda larga e ADSL.

    Gli altri gestori concorrenti si dividono tra reseller privi di rete propria come Tele2 e operatori che coprono solo una parte del territorio nazionale e della popolazione come Fastweb; Wind, unico concorrente dotato di reti fissa e mobile integrate e sviluppate su scala nazionale, è stata appena acquistata da un gruppo egiziano che intende puntare quasi unicamente sulla rete cellulare.

    Tuttora Telecom Italia è un gigante circondato da nani, spesso accusato di pratiche anticoncorrenziali troppo spregiudicate e anche la nuova arrivata compagnia mobile 3, non avendo alcuna licenza GSM, può competere soltanto sul mercato del cellulare UMTS.

    Possibile che l'Antitrust non abbia proprio nulla da obbiettare sul progetto "One Model Company" che rischia di spazzare via ogni concorrenza, anche quella di Vodafone che, per ora, non ha la sponda della rete fissa?

    Oggi l'Autority delle Comunicazioni apre un'indagine in merito all'accordo stipulato tra Mediaset e Telecom Italia per portare entro la metà del 2006 la TV digitale terrestre sui cellulari TIM di nuova generazione, un progetto che può vanificare gli sforzi della stessa 3 che ha avviato da qualche giorno il primo canale TV solo per telefonini UMTS realizzato dalla RAI.

    Un'alleanza, quella Mediaset-Telecom Italia (peraltro proprietaria di due Televisioni come La7 e MTV) che rischia di rafforzare il parziale monopolio di Telecom nelle TLC e di consolidare la posizione duopolistica di Mediaset, per buona pace del conflitto di interessi dell'azionista-Premier Berlusconi, conflitto su cui la pur blanda legge, approvata dal centrodestra, pone paletti e obbliga controlli.


    [Modificato da lorette 21/10/2005 23.52]

  • lorette
    00 24/10/2005 19:52
    Adsl a consumo , paghi l'assistenza

    I clienti di Alice Free non potranno più chiamare il 187 per ottenere assistenza gratuita tecnica e commerciale.

    News - 23-10-2005


    Chi si è abbonato alle offerte Alice Free e Alice Free ricaricabile, le offerte ADSL di Telecom Italia per la clientela residenziale che prevedono il pagamento a consumo senza canone, da novembre riceverà una sorpresa non piacevole.

    Il servizio di assistenza tecnica e commerciale, oggi erogato dal numero gratuito 187, per l'ADSL a consumo verrà effettuato dal numero a pagamento 892.187, con un costo di 50 centesimi al minuto.

    Ci auguriamo che, oltre all'addebito, il cliente possa disporre di un servizio tempestivo ed efficace.

  • lorette
    00 24/10/2005 21:35
    "Valuta i fatti", Microsoft vs Linux: chi ha ragione?

    Microsoft ha recentemente lanciato una campagna pubblicitaria basata sull'idea che, a conti fatti, Windows costa alle aziende meno di Linux, ossia che il Costo Totale di Proprietà (TCO) di Windows sia inferiore e che sia maggiore anche la sua sicurezza. Cosa ne pensi?


    News - 23-10-2005


    - Non conosco abbastanza i due sistemi operativi, ma mi fido degli studi citati da Microsoft nella sua campagna

    - Non conosco abbastanza i due sistemi operativi e non posso esprimermi.

    - Non conosco abbastanza i due sistemi operativi, ma gli studi citati non mi sembrano poi tanto indipendenti quanto Microsoft dichiara

    - Indipendentemente da quanto io conosca i due sistemi operativi ritengo impossibile una generalizzazione. Ogni business ha le sue esigenze

    - Conosco abbastanza Windows e Linux e sono d'accordo con Microsoft

    - Conosco abbastanza Windows e Linux e non sono assolutamente d'accordo con Microsoft

    - E il Mac? Perché non lo citano?

  • lorette
    00 24/10/2005 21:38
    La banda larga di Roma licenzia

    Eurfacility, proprietà del Ministero dell'Economia e del Comune di Roma, specializzata in reti in banda larga, viene privatizzata e i lavoratori rischiano il posto.

    News - 24-10-2005


    Eurfacility è una società controllata da EUR S.P.A., di proprietà al 90% del Ministero dell'Economia e per il 10% del Comune di Roma, che ha realizzato la rete in fibra ottica e altre opere nel quartiere Eur di Roma. La società è attiva nei servizi a banda larga e nella progettazione di data center on demand tra cui quelli di importanti Amministrazioni Pubbliche come le Poste Italiane e il Comune di Roma.

    L'anno scorso Eurfacility è stata sottoposta a una procedura di mobilità con il licenziamento di un terzo del personale, senza passare dalla Cassa Integrazione; oggi Eurfacility viene ceduta alla Cosmic Spa di Paolo Angelucci, importante personaggio dell'associazione romana di Confindustria.

    Oggi le rappresentanze sindacali sono impegnate con la direzione aziendale in un tentativo di trovare le migliori garanzie possibili a tutela dei posti di lavoro compreso un piano industriale che, tuttora, non è stato ancora presentato.

  • lorette
    00 24/10/2005 21:40
    Zio Bill abbraccia l'open source

    Due nuove licenze Microsoft piacciono non solo ai custodi dei sorgenti aperti, ma anche a quelli del Free Software.

    News - 24-10-2005


    Il nuovo marchio di Windows Open Source?La notizia che circola nella rete ha caratteristiche epocali: Microsoft apre le porte all'Open Source, modello di sviluppo di software che fino a ieri ha sempre duramente criticato.

    Cerchiamo di fare un po' di chiarezza. Redmond ha annunciato l'aggiornamento della propria Shared Source Initiative (il programma che permette agli stretti collaboratori di Microsoft di visionare parti del codice sorgente dei software) abbassando il numero delle licenze da dieci a tre, ma soprattutto modificandone radicalmente il contenuto.

    Fin dalla comparsa delle prime indiscrezioni sul contenuto delle licenze, è circolata la voce che OSI, la branca moderata del FLOSS, le avrebbe approvate. Ma questa ratifica ufficiale tarda ad arrivare.

    Ma la realtà riserva spesso sorprese: non OSI, ma Free Software Foundation Europe, che coordina a livello europeo il software libero, si è espressa favorevolmente.

    "Poiché raramente abbiamo l'opportunità di dire qualcosa di positivo su Microsoft, ne approfitto subito per congratularmi", dice Georg Greve, il presidente di FSFE.

    "Microsoft sembra avere fatto finalmente il passo avanti decisivo nel dare libertà ai propri utilizzatori: delle [...] licenze pubblicate, la nostra prima analisi superficiale suggerisce che almeno due di esse soddisfino" (tenetevi forte) "la definizione di Software Libero."

    L'imprimatur di Greve riguarda la Microsoft Permissive License (Ms-PL), e la Microsoft Community License (Ms-CL), che paiono, a prima vista, centrare le quattro libertà che definiscono il Free Software.

    In particolare, la Ms-CL pare compiere un'evoluzione dell'idea di Copyleft, introdotta originariamente dalla nota licenza GNU-GPL.

    Niente male, per chi fino a ieri ha tacciato le licenze free come virali, cancerose e comuniste.

    Greve, comunque, non risparmia le proprie perplessità a zio Bill, "Non è auspicabile il fatto che ogni società, ogni amministrazione, ogni autore pubblichi la propria licenza: sarebbe stato preferibile se Microsoft avesse usato la GNU-GPL o la LGPL, per il suo programma di Shared Source". Sinceramente, credo che sarebbe stato troppo.

    Vediamo di dare un'interpretazione politica ai fatti di questi giorni. Microsoft prosegue la marcia di avvicinamento all'opensource, iniziata lo scorso maggio con le dichiarazioni concilianti del capo degli avvocati Brad Smith. Tali dichiarazioni erano destinate agli sviluppatori che fanno capo a OSI.

    I più maliziosi analisti hanno interpretato questa mossa come un tentativo di dividere il fronte del FLOSS stesso, isolando i "comunisti" del Free Software. La pubblicazione delle licenze Microsoft Shared Source è un passo avanti in questa vicenda.

    Curiosamente, Jason Matusow, direttore del Microsoft Shared Source program, ha dichiarato che per il momento non hanno intenzione di sottoporre le nuove licenze all'approvazione di OSI. Come dire: già ci interessa poco dell'Open Source, figuriamoci del Free Software.

    Se le cose stanno così, si comprende benissimo l'uscita di FSFE: scavalcando "a destra" OSI, ha vanificato l'azione di isolamento di Microsoft. Del resto, se le quattro libertà sono rispettate, c'è veramente poco spazio per i pregiudizi.

    Naturalmente, non è tutto così bello come sembra: pubblicare le licenze è un primo passo, ma la svolta avverrà, eventualmente, quando, sotto una di queste, sarà rilasciato del software open made-in-Redmond.

    Attendiamo con pazienza questo momento. Forse arriverà.

  • lorette
    00 01/11/2005 07:18
    La tassa sugli Sms? La paghino i gestori

    Tre senatori di Forza Italia propongono un centesimo di tassa sugli Sms per rimborsare i libri di testo alle famiglie più povere.

    News - 01-11-2005


    Tre senatori di Forza Italia, Valditara, Bonatesta e Bevilacqua, hanno presentato un emendamento alla legge Finanziaria: una tassa di un centesimo per ogni Sms inviato dai telefonini, per finanziare l'acquisto dei libri di testo dei ragazzi fino a 16 anni di età, appartenenti a famiglie che non superino circa trentamila euro all'anno, per un costo di circa 300 milioni di euro l'anno.

    Ci sembra una misura condivisibile: rimborsare alle famiglie meno ricche una spesa prioritaria e insopprimibile per l'istruzione dei loro figli, che pesa in modo sempre più insopportabile sui bilanci familiari, anche per colpa dell'esosità degli editori, della scarsa responsabilità dei docenti che cambiano spesso testi, della decisione della Moratti di cambiare, anche senza reale motivo, i programmi didattici costringendo a inutili e costosi aggiornamenti dei testi.

    Come trovare i soldi, stante la situazione triste della finanza pubblica, senza aumentare le imposte indirette sui consumi, visto che il Governo Berlusconi ha voluto ridurre le imposte dirette sui redditi? Va bene quindi la tassa sugli Sms, considerati un genere voluttuario di consumo, a differenza dei libri di testo, consumo culturale di base. A introdure una tassa simile ci aveva provato anche nella scorsa Finanziaria, senza successo, un deputato dell'Udc.

    Saremmo d'accordo se la tassa di 1 centesimo su ogni Sms fosse completamente a carico dei gestori; gestori come Tim, che fanno tremila miliardi di vecchie lire di utili all'anno, o come Vodafone Italia, la più redditizia delle imprese di ungrande gruppo multinazionale presente in tutto il mondo; oppure Wind, venduta a un gruppo egiziano per 6 miliardi di euro, o ancora 3, che vuole ricavare dalla prossima quotazione in borsa qualcosa come diecimila miliardi di vecchie lire.

    La tassa sugli Sms per comprare il sussidiario, a carico dei gestori, sarebbe la migliore sponsorizzazione che potrebbero fare queste aziende; invece sponsorizzano Formula 1, calciatori miliardari e corse in moto di Valentino; a carico degli italiani tutti invece sarebbe solo l'ennesima tassa sul macinato, imposta da chi le tasse aveva promesso di tagliarle, se non ricordiamo male e se non abbiamo visto troppo Celentano.

  • lorette
    00 01/11/2005 07:20
    La DRM secondo Macrovision

    In un rapporto, uno degli artefici della Digital Rights Management ammette il vero obiettivo: spillare soldi all'utente normale.

    News - 01-11-2005


    Macrovision, una delle tante società che vendono protezione dei contenuti digitali (Digital Rights Management - DRM), ha diffuso ieri un rapporto sulla copia digitale.

    Il tutto è pubblicato a questo indirizzo My Webpage
    su un file pdf, munito tra l'altro di una simpatica protezione che impedisce di accedere al testo, per qualunque uso che non sia la lettura.

    Si legge: "Per stimare esattamente che cosa rappresenta un'efficace protezione dei contenuti, agli intervistati è stato chiesto di stimare quanti titoli siano stati masterizzati su cd e quanti illegalmente scaricati per ogni 100 acquistati."

    Che cosa significhi "stimare esattamente" lo sanno solo alla Macrovision. Comunque è interessante notare che da queste ipotesi arbitrarie, fanno discendere le loro conclusioni, immaginiamo altrettanto arbitrarie.

    E cioè che la "pirateria casuale" è "la sfida del futuro per l'industria dell'intrattenimento" e che "la diffusione dei dispositivi di registrazione digitali e del file sharing, obbligano i titolari di contenuti" (le major) "ad incrementare la propria strategia di DRM."

    Lo scopo principale del rapporto è quindi svelato: care major, con tutti quegli apparecchi diabolici in circolazione, sarà sempre più dura per voi, a meno che, naturalmente, non acquistiate una buona DRM, tipo la nostra.

    Chiaro pure il messaggio agli utenti: la gestione dei diritti digitali sta arrivando. Sarà chiusa, proprietaria e inaccessibile, e comporterà un'inevitabile riduzione dei vostri diritti. Cominciate ad abituarvi all'idea.

    Leggendo tra le righe, è comunque possibile estrapolare una terza, inquietante traduzione: dalla lotta alla criminalità organizzata e al file sharing selvaggio non c'è molto da spremere. Possiamo ottenere molto di più lavorando ai fianchi del ragionier Cagazza, dissuadendolo dalla "pirateria casuale".

    La miopia dei signori dell'intrattenimento è inspiegabile. Hanno la fortuna di avere un cliente abituale, che acquista CD e DVD, nonostante prezzo e scomodità, che compra online tracce mutilate, paga canoni e film on-demand attraverso l'orrenda sky-box. E, invece di investire su di esso, hanno deciso di segargli le gambe.

    Per noi, sembrano dire le major, il cliente è un potenziale disonesto. E seminare in giro un po' di paura, incertezza e dubbio, come insegna Microsoft, non può che far bene alla loro causa. Questo con buona pace di tutti gli ingenui che auspicano una "DRM dal volto umano".

    Se questi signori non si fidano di noi, non capiamo per quale motivo dovremmo noi fidarci di loro (citando uno dei motti di no1984.org). Qualunque azienda abbia un'opinione cosí bassa dei propri clienti, è destinata a una fine miserevole.

  • lorette
    00 01/11/2005 07:22
    Una tassa per i provider

    Dopo le proposte della tassa sul tubo e sugli SMS, c'è chi vorrebbe tassare ulteriormente la diffusione di contenuti online.

    News - - 01-11-2005


    Prima c'è stata la "tassa sul tubo", cioè una tassa che, nel contesto delle misure previste dalla legge Finanziaria, doveva gravare sulle reti telefoniche ed elettriche; poi era stata limitata alle reti elettriche e, infine, dopo le proteste delle grandi industrie elettriche che rischiavano di essere frenate nel necessario sviluppo di nuove reti di distribuzione, è stata abbandonata dal Governo.

    Da qualche giorno si parla della tassa sugli SMS per finanziare l'acquisto dei libri di testo da parte delle famiglie meno agiate; adesso spunta l'ipotesi di una nuova tassa da imporre ai provider su tutto ciò che pubblicano in rete.

    Si tratta di un emendamento presentato dal parlamentare dell'UDC Eufemi, una tassa che finirebbe comunque a carico del consumatore, che già paga IVA, SIAE, tasse sui supporti. Per non parlare di quella sui CD vergini, introdotta per coprire il buco creato dai tagli della stessa Finanziaria al Fondo Unitario per lo Spettacolo, che sostiene l'attività dei teatri lirici e di prosa.

  • lorette
    00 01/11/2005 07:32
    I telefonini amano le famiglie e gli amici

    Nuove offerte dei maggiori gestori mobili italiani per chi chiama preferibilmente gli stessi numeri.

    News -01-11-2005


    Vodafone replica alla "Tim Tribù" di TIM con una sua offerta tariffaria di contenuto quasi analogo: "Vodafone Friends", che permette di effettuare chiamate a 1 centesimo al minuto e inviare SMS a un centesimo a messaggio verso quattro numeri di telefonini Vodafone. Le chiamate verso gli altri numeri costano 19 centesimi al minuto e gli SMS nove centesimi, con uno scatto alla risposta di 16 centesimi. E' possibile aderire entro il 25 Novembre e il costo è di otto euro (costo Carta servizi Vodafone).

    TIM, invece, punta alle famiglie, con un'offerta che è il rovescio della Teleconomy per famiglie di Telecom Italia prevista per i numeri fissi: "TIM Famiglia", che permette di effettuare chiamate e videochiamate verso due numeri TIM e un numero di telefono fisso nazionale al costo di 1 centesimo al minuto, più 16 centesimi di scatto alla risposta. Le chiamate verso gli altri numeri TIM e di rete fissa nazionale costano 15 centesimi al minuto, 30 centesimi al minuto per le telefonate verso i telefonini degli altri gestori. Per ogni sessanta secondi di telefonate ricevute da telefono fisso nazionale è prevista una ricarica di cinque centesimi. Dai numeri amici si potranno ricevere telefonate dall'estero e si potrà telefonare dall'estero (Europa, Canada e Usa) con un costo di 0,50 centesimi al minuto. Aderire all'offerta costa 7 euro mentre cambiare, successivamente, i numeri amici costa 5 euro ogni volta.

  • lorette
    00 03/11/2005 17:06
    Pagamenti via cellulare, ancora passi indietro

    Contactless card: un rivoluzionario sistema di pagamento, o l'ennesima pagliacciata?

    News - 02-11-2005


    Un'altra occasione perduta per rendere diffusi ed efficaci gli e-pagamenti
    Non da ieri, siamo convinti che l'utilizzo di uno strumento di pagamento elettronico, diffuso e bi-direzionale, possa costituire una svolta nei rapporti economici e sociali. Nel lontano 2003, il nostro Danilo Moi ne tracciò le caratteristiche.

    Ovviamente, cosa c'è di più diffuso e bi-direzionale del telefono cellulare? La proposta di utilizzarlo come sistema di pagamento è così interessante, che più di qualcuno sembra muoversi in questo senso.

    Se ne parla pure in questi giorni, sull'inserto tecnologico di Repubblica, dove Alessio Balbi parla dell'adozione di una sorta di "telepass via cellulare" da parte della metropolitana di Parigi.

    "In Giappone, quello delle contactless card è già un fenomeno," scrive Balbi, "oggi ne circolano oltre 25 milioni, e altrettante se le spartiscono Hong Kong e Singapore". Interessante, che sia la volta buona?

    Leggiamo: "11 milioni di giapponesi prendono il treno con questo sistema. Non solo, si comprano anche gli hamburger da McDonald's e si noleggiano i dvd". Come non detto, ci risiamo. È sempre il solito pagamento mono-direzionale, da privati a grossi enti, società ferroviarie, multinazionali, major discografiche.

    "Tutto quello che oggi passa per schede prepagate è pronto a migrare, in tempi rapidi, nelle sim di un telefonino," continua Balbi. "La mente corre immediatamente alle partite di calcio in pay per view. Il passo successivo sono i cartelloni pubblicitari intelligenti in grado di funzionare come box office: guardo il manifesto, tiro fuori il telefonino e compro il biglietto."

    La cosa si fa sempre più inquietante. Ma non è finita: "L'aspetto fondamentale della faccenda è quello che gli addetti chiamano" (udite udite) "la trasparenza del sistema: il consumatore deve portare a termine la transazione senza quasi avere la percezione che sia avvenuta. Con un vantaggio chiaro da entrambe le parti, i clienti acquistano in ogni momento e a cuor leggero, e il negozio vende di più."

    Ecco svelato il trucco. Il sistema è stato progettato per sfilare al consumatore i sudatissimi soldi, senza quasi averne la percezione, a cuor leggero. Siamo alle solite, e buona notte all'economia democratica e biiettiva.

    Pare proprio che le menti più semplici della nostra società, vale a dire gli economisti e i manager, si ostinino a non capire l'impatto dell'ICT sulla società e sull'economia.

    Si sforzano di applicare, su ogni nuova tecnologia, le dinamiche dell'economia tradizionale, sottovalutandone in tutto e per tutto le reali potenzialità. Il loro punto di vista è annebbiato, non sappiamo quanto dall'incapacità e quanto dal desiderio di favorire i padroni di oggi.

    In ogni caso la loro politica è oltremodo miope. Presto o tardi le risorse da drenare ai poveracci finiranno. E se, nel frattempo, non si sarà creato un sistema per produrre ricchezza equamente distribuita, saranno guai grossi.


    [Modificato da lorette 03/11/2005 17.13]

  • lorette
    00 13/11/2005 22:00
    Musica in catene
    Le major si sparano sui piedi. Agli utilizzatori non restano che i circuiti illegali. Ma forse...

    News - 12-11-2005



    Tra la padella della DRM
    e la brace dell'illegalità,
    c'è ancora qualche speranza.

    Dagli U.S.A. arrivano due casi che riguardano la Sony. La major nipponica sta usando la DRM come fosse una clava. Il primo caso è noto, e riguarda il CD "Get Right with the Man" dei Van Zant brothers, al quale è stata appiccicata l'altrettanto nota DRM di First4internet, con rootkit incorporato.

    Il secondo caso ce lo racconta il sito economico Big Picture. Riguarda il CD intitolato "Z", del gruppo "My Morning Jacket", sempre edito da Sony-BMG, sempre blindato da DRM, questa volta di fabbricazione Sunncomm.

    La cosa interessante è che nè l'etichetta che ha prodotto il CD, nè tantomeno gli autori erano a conoscenza della protezione apposta, come hanno dichiarato pubblicamente. Anzi, a ben vedere, la protezione invasiva ha creato loro un danno d'immagine che, per una band agli inizi, può rivelarsi fatale.

    A rendere il tutto ancora più grottesco, le rivelazioni di Variety: la DRM in questione sarebbe "progettata in modo da rendere difficoltoso l'ascolto della musica con l'iPod." Il tutto servirebbe "a mettere pressione su Apple per aprire l'apparecchietto, oggi legato all'iTunes music store, agli altri servizi di musica".

    La DRM non è, quidi, un'arma anti-pirateria, ma uno strumento di ritorsione tra concorrenti. E a farne le spese, il solito utente.

    Ma siamo davvero sicuri che questa pratica da caimano porti reali vantaggi ai signori dell'intrattenimento? A giudicare dai commenti dei lettori all'articolo sul rootkit di Sony, sembrerebbe proprio di no. Ma non si tratta solo di reazioni emotive. Altri episodi confermano che il disagio è sentito e razionale.

    Zak76, sul suo blog, ci racconta la sua storia. Un bel giorno decide di fare acquisti online su un music store italiano. "L'ho fatto per due motivi," sostiene Zak, "primo, pensavo fosse giusto pagare per un bene/servizio, secondo, perché mi incuriosiva la modalità di pagamento con cellulare, con addebito sulla SIM card" (uno dei nostri cavalli di battaglia - n.d.r.).

    Anche il prezzo per ogni brano era invogliante, "sempre meno della suoneria con la rana pazza," sostiene Zak. C'è un solo problema: i brani sono disponibili solo in formato WMA. Il suo lettore MP3, essendo "vecchiotto" (un anno di vita) non legge quel formato. Ma non è tutto: su quei file c'è una simpatica DRM che impedisce di convertirli in formato leggibile.

    Zak è infuriato: "Non comprerò mai più musica in Internet." Caso isolato? Pensiamo di no, visto che un altro lettore, Luca, scoraggiato dalla DRM di Apple e compagnia, si è rivolto e-music.com. Questo sito fornisce quaranta brani al mese, dietro sottoscrizione di un abbonamento che costa circa nove euro, niente limiti di download, niente DRM.

    "Non ho ancora trovato una risposta alle mie esigenze," sostiene Luca, "ma mi consola sapere che esiste ancora qualche venditore che tratta i propri clienti come tali e non come ladri potenziali."

    Ecco la risposta: l'arroganza del potente, che non si accontenta di sfruttare leggi commissionate ad hoc, ma le viola apertamente, lascia uno spazio enorme per gente coraggiosa e onesta.


    [Modificato da lorette 13/11/2005 22.01]

  • lorette
    00 13/11/2005 22:19
    Il sogno della banda larga gratis per tutti

    Uno dei candidati alle primarie per trovare il candidato sindaco di Milano lancia l'idea di una banda larga Wi-Fi gratuita e accessibile a tutti.

    News - 13-11-2005


    E' stato il primo a bruciare i tempi, a candidarsi per l'Unione alle primarie del centrosinistra per l'elezione del sindaco di Milano addirittura quando ancora non si erano svolte le primarie nazionali che hanno poi incoronato Prodi. Anzi, quando si è candidato non si sapeva nemmeno se a Milano si sarebbero svolte le elezioni primarie o meno.

    Si chiama Davide Corritore, ha 47 anni, da anni tiene la rubrica "Surfer" sulle novità dal mondo Internet sul settimanale economico "Il Mondo", nella vita fa l'amministratore delegato della SWG, un importante istituto di sondaggi di opinione e da sempre milita nei DS.

    Alle primarie si dovrà battere con almeno tre avversari tostissimi: il Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo, appoggiato da Rifondazione, Milly Moratti, leader dei Verdi milanesi, moglie del presidente dell'Inter Massimo e cognata della possibile candidata di Berlusconi Letizia Moratti; è candidato da qualche giorno anche l'ex prefetto di Milano (si è dimesso per candidarsi) Bruno Ferrante, candidato ufficiale di DS, Margherita, SDI e Italia dei Valori.

    Davide Corritore, da autentico outsider non ha alcuna oggettiva possibilità di farcela a piazzarsi fra i primi e rischia di fare la fine di Ivan Scalfarotto, il blogger che aveva raccolto tante simpatie sulla Rete e che ha raggranellato, alla fine, meno di trentamila voti su milioni di elettori.

    Eppure, Corritore ha il merito di aver lanciato una proposta "rivoluzionaria": ha proposto di wifizzare Milano, cioè coprirla con collegamenti Wi-Fi alla Rete in banda larga e di consentire l'accesso gratuito a tutti i cittadini. E' una proposta che parifica l'accesso in banda larga alla Rete ad altri servizi pubblici gratuiti come scuola, sanità e anagrafe; anzi conferisce a Internet un carattere di servizio pubblico universale che, in seguito alle privatizzazioni, è stato tolto a elettricità e trasporti e rischia di essere sottratto perfino all'acqua.

    Per Corritore la spesa per il Wi-Fi pubblico e gratuito avrebbe un notevole ritorno in termini di sviluppo di Milano, rendendola una città ancora più appetibile per gli investimenti, e abbatterebbe ogni possibile digital divide tra cittadini "connessi" e cittadini che non possono permettersi l'accesso in Rete. Dobbiamo, però, realisticamente constatare che, se Corritore vincesse le primarie, le società di telefonia fissa e mobile farebbero di tutto per fermarlo nella sua corsa a Sindaco finanziando e sostenendo con ogni mezzo lecito (e perché no anche illecito) i suoi avversari.

    Rimane, però, un sasso lanciato nello stagno, una provocazione utile e intelligente, contro i monopoli che solo ora cominciano ad abbassare le tariffe ADSL ma che non investono per una banda larga veramente veloce e che non richieda mesi per l'attivazione. E chissà che Berlusconi non arrivi a copiarlo (salvo poi magari smentire con i fatti la promessa): "più banda larga gratis per tutti".

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